BY: Irene Barbruni
Che cosa è la depressione post-partum (dpp)? Quali sono i disturbi dell’umore e d’ansia perinatale ?
La depressione post-partum è una forma di depressione vera e propria che però esordisce nelle 4 settimane successive al parto. Quindi, la sintomatologia è sostanzialmente la stessa di una depressione con esordio non successivo al parto, ma i vissuti di malessere sono riferiti al rapporto con il neonato e in generale alla nuova condizione di madre. L’umore depresso è presente per la maggior parte della giornata ed è accompagnato da una marcata diminuzione di interesse e piacere nelle diverse attività giornaliere e, in generale, i sintomi comportano una compromissione significativa nelle incombenze quotidiane della madre.
Quali sono i sintomi specifici della depressione post-partum, dell’ ansia e del disturbo ossessivo compulsivo post-partum? Come si può capire se una paziente ne è affetta?
I sintomi specifici della dpp riguardano una grave ansia, pianto spontaneo, insonnia e disinteresse verso il neonato. Il disturbo ossessivo compulsivo post-partum riguarda pensieri ossessivi di poter fare del male al bambino. Per capire se una paziente ne è affetta è importante osservare se l’umore depresso persiste dopo i primi dieci giorni dal parto (uno stato che può essere passeggero). E’ fondamentale rivolgersi ad uno specialista, in quanto nella cura è fondamentale la tempestività della diagnosi. Inoltre, è importante la valutazione del professionista in quanto spesso le donne, che soffrono di depressione, tendono a nascondere la sintomatologia perché è quasi sempre accompagnata da un forte senso di colpa e di vergogna. Quindi se c’è un sospetto è bene approfondire.
Quante donne soffrono all’incirca di depressione post-partum?
I dati statistici ci dicono che circa l’8/12% delle neo-mamme soffrono di depressione post-partum ed alcuni dati descrivono un fenomeno in crescita.
Qual è la differenza tra “la tristezza/malinconia” e la depressione post-partum?
Il 70% delle madri vive uno stato denominato “baby blues” (“blues” significa malinconia) che è caratterizzato da un senso di tristezza dovuto alla stanchezza fisica e mentale del travaglio e al cambiamento ormonale nelle ore successive al parto. Questo stato però è differente dalla dpp sia per la durata (scompare solitamente entro 15 giorni) che per la sintomatologia meno intensa.
Può capitare, parecchio dopo la nascita del bambino, di soffrire di dpp o ansia?
In genere la dpp esordisce entro le quattro settimane dalla nascita del bambino e raramente si riscontrano casi ad un anno o oltre l’anno. Quindi, se i sintomi vengono riscontrati successivamente si deve valutare se ci si trova di fronte all’insorgenza di uno stato depressivo e/o ansioso non legato alla maternità ma ad altri fattori, oppure, più facilmente, ad una depressione post-partum non riconosciuta e, quindi, ad una sintomatologia che si è accentuata nel tempo.
La domanda di una madre: Non mi sento legata al mio bambino, anzi provo repulsione: sono una madre orribile?
Questo senso di repulsione può essere dovuto alla sensazione di incapacità di saper affrontare tutto ciò che la cura del bambino comporta. Quindi può insorgere da un forte senso di responsabilità più che da repulsione Il sentimento di inadeguatezza porta spesso a rifiutare i compiti ed è frutto di una non corretta valutazione di sé cioè di una sottovalutazione di se stessi.
Dove bisogna recarsi per ottenere assistenza e supporto per la dpp, ansia post partum, depressione in gravidanza o qualsiasi altro tipo di umore perinatale ?
La situazione deve sempre essere valutata da uno specialista, che può indirizzare verso un sostegno psicologico che in questi casi è fondamentale. La donna non può essere lasciata sola con questi suoi stati d’animo e il supporto dei familiari non è sufficiente proprio perché non saprebbero interpretare adeguatamente quei sentimenti e potrebbero alimentare il senso di colpa.
Quanto tempo ci vuole per recuperare la depressione post-partum?
In caso di un percorso terapeutico solitamente diversi mesi. Ciò non deve essere confuso con le terapie brevi, che mirano più ad interessarsi del sintomo, lasciando irrisolto il problema di fondo.
Quali sono i fattori di rischio per le psicosi post-partum?
I fattori di rischio di episodi postpartum con manifestazioni psicotiche si riferiscono ad una precedente diagnosi di disturbo della personalità. Ma sarei cauta nel delineare fattori di rischio al di fuori di ciò che ho appena menzionato; è sempre bene non generalizzare. Soprattutto va ricordato sempre che gli eventi psicologici non si comportano in modo meccanico, cioè uguale per tutti. Ogni essere umano ha una sua particolare sensibilità e proprie risorse. In psicologia spesso “due più due” non fa quattro: alle volte fa tre e altre fa cinque. Nel senso che le risorse di ciascuno possono essere celate o sopravalutate.
La domanda di un papà: come faccio ad aiutare la mia compagna che sta attraversando la dpp ?
Cercando di essere molto presente nella gestione del bambino e non far mai mancare l’appoggio, oltre che operativo, anche emotivo alla propria compagna. Non forzare momenti di intimità se la donna non ne sente la necessità. Quindi, è necessario un alto tasso di tolleranza da parte del partner. Una tolleranza/accettazione che sia partecipazione empatica ai vissuti della neo-mamma. Tale esperienza è un’occasione di crescita per l’uomo, che deve essere capace di far evolvere le proprie capacità interiori e relazionali; deve saper mettere al centro la sua sensibilità empatica e riflessiva per raggiungere momenti di profonda condivisione.
La dpp, seppur come dice il nome “post”, può accadere mentre si è ancora incinta?
Diciamo che ci possono essere delle condizioni psicologiche di inquietudine e sofferenza che portano a stati d’ansia troppo accentuati. In questi casi l’appoggio dello psicologo aiuta a stemperare e a sciogliere quelle tensioni, in modo da affrontare la gravidanza con l’atteggiamento giusto. In fondo è uno dei momenti più belli della vita di una donna; la vita le passa attraverso e si rigenera.
Si può soffrire di dpp dopo un aborto spontaneo?
Certo che il vissuto in conseguenza di un aborto spontaneo può virare verso un sentimento di perdita profondo, tanto più se la gravidanza era desiderata e attesa. Ma anche in questo caso ogni persona reagisce e vive i fatti salienti della propria vita in modo altamente soggettivo. Le capacità di elaborare e ricomporre la frattura che si genera nel corso della vita sono fondamentali, come è fondamentale cercare di non farsi catturare dallo sconforto. Spesso le persone non sono coscienti di queste loro capacità e vanno aiutate ad individuarle. Se permane tuttavia il nocciolo di una disperazione, cioè di una difficoltà di sperare nel domani, questa fragilità latente può evolvere verso uno stato depressivo dopo una successiva gravidanza.
Come si possono aiutare altre donne che stanno soffrendo?
Il problema di questa sofferenza, oltre a fattori molto personali relativi alla propria storia, è anche legato ad una cultura che non sa dare valore alla maternità; per cui le donne comunque si sentono sole di fronte a questo evento della loro vita. Ma diciamolo chiaro: di fronte ad un evento che è importante per la vita di tutti. Mentre nella cultura consumistico-edonistica nella quale viviamo la maternità, che è un impegno, è stata compressa fino ad arrivare alle gravidanze indesiderate o problematiche. Basti pensare alle difficoltà legate al mondo del lavoro, dove la donna incinta è vulnerabile e non sufficientemente tutelata. Spesso la gravidanza è un evento che conduce la donna a perdere il lavoro.
Questo mio ragionamento vuole essere una esortazione a non limitarci a considerare gli eventi patologici, questo in particolare (dpp), come eventi morbosi, ma come i sintomi del disagio di una società che ancora non sa trovare gli equilibri giusti per tutelare il benessere di ogni individuo.