BY: Irene Barbruni
Oggi l’utilizzo dello smartphone durante l’adolescenza si trasforma in molti casi in abuso e non uso. Recenti ricerche rivelano che la vita dei ragazzi contemporanei è più rivolta alla chiusura davanti ai social che aperta al rapporto con i coetanei in modo diretto. Ovviamente questo ha un grande impatto psicologico: sono in aumento patologie legate all’ansia e all’umore depresso. Quindi, la correlazione tra tempo trascorso davanti ad uno schermo e malessere psicologico è stata confermata da più esperti. Per esempio, uno studio ha messo a confronto due gruppi: uno formato da individui che utilizzano Facebook e l’altro no. Il dato emerso è che il secondo gruppo era più sereno.
Comunque, in generale, sappiamo che gli adolescenti, che utilizzano frequentemente questi mezzi per comunicare, sviluppano meno capacità empatiche nei confronti dei coetanei e colgono meno bene le emozioni degli altri. Inoltre è chiaro che il tempo trascorso davanti allo smartphone “ruba” la possibilità di trascorrerlo in altro modo, come leggere o anche banalmente chiacchierare guardandosi negli occhi. Addirittura una ricerca universitaria mostra un abbassamento delle capacità di comprensione dei giovani, i quali sono sempre più in difficoltà nel momento in cui devono comprendere una frase sintatticamente più lunga e complessa.
Sembrerebbe quindi che l’evoluzione delle tecnologie, sempre più sofisticate, abbiano l’effetto di rendere l’uomo in realtà meno “felice” e cognitivamente più debole (sappiamo che il quoziente intellettivo sta diminuendo ogni anno nelle nuove generazioni). Riprendiamo il tema del rischio della dipendenza, già affrontato nell’articolo precedente, tenendo presente il delicato periodo dell’adolescenza. In questa fascia di età l’utilizzo dei social network, delle chat e dello scambio di foto immergono l’adolescente in un mondo molto pericoloso dal punto di vista dell’equilibrio psicologico e non solo. Questo perché essi si trovano a maneggiare un mezzo che necessita di capacità che ancora non possono avere vista l’età.
Per esempio, l’abitudine di molti ragazzi di inviare delle foto delle parti intime, spesso ad una persona conosciuta solo attraverso internet, si è diffuso pericolosamente, divenendo per molti la normalità. E in molti casi si aggiunge il fatto che il soggetto, che riceve personalmente una foto, decida di renderla pubblica. Questi episodi ci fanno capire quanto le nuove generazioni siano prive degli strumenti morali ed etici indispensabili per gestire questo tipo di tecnologia. Va osservato che questa facilità di esposizione di sé, mostra un calo patologico dell’intimità con se stessi e quindi con l’altro. Inoltre spesso non sono nemmeno a conoscenza delle leggi che puniscono determinati comportamenti, e non sanno di commettere reato di scambio di materiale pedo-pornografico. Sappiamo che il così chiamato cyber bullismo è sempre più diffuso. Quindi purtroppo il mezzo teconologico più che diventare un modo per facilitare la comunicazione con gli altri diventa luogo di sfogo irriflessivo, spesso di gesti crudeli verso i più deboli. Per usare una metafora: invece di aprire verso gli altri diviene occasione di implosione nell’Io.
In generale l’abitudine di condividere momenti della vita quotidiana con gli “amici” dei social networks, allontana l’individuo dal senso di intimità. Non c’è più distinzione tra un evento intimo, e racconttao solamente a poche persone in un ambito di confidenza, ma esiste solo la compulsione a condividere con il gruppo social (formato, in alcuni casi, addirittura da centinaia di “amici”); che sia la foto della pizza che sto mangiando o la propria foto in un letto di ospedale, sembra non faccia alcuna differenza. In entrambi i casi l’utilizzo del mezzo è spesso inappropriato e scavalca il significato di ciò che viene divulgato: infatti l’esperienza è disturbata dal mezzo che si introduce distraendo il soggetto e rendendolo meno in sintonia con la situazione reale che sta vivendo. Quindi il mezzo stimola molto l’aspetto estroversivo in soggetti che non sono ancora equilibrati e che, quindi, non facendo evolvere l’aspetto introversivo rimangono “handicappati” di tale importante aspetto della personalità. Da qui nascono poi le difficoltà di gestione delle emozioni e la regressione delle capacità relazionali. Una personalità per essere equilibrata ha bisogno di sviluppare sia l’estroversione che l’introversione.
Alla luce di tutto ciò risulta fondamentale che il genitore fornisca al figlio adolescente degli strumenti critici verso un mezzo che può esserre utilizzato nel modo sbagliato. Aggiungere la riflessione critica, prendendo spunto da episodi legati ad un uso scorretto del mezzo, è fondamentale per sviluppare nel ragazzo la giusta capacità etica che lo aiuta a non essere passivo.
E’ bene quindi che i genitori dedichino del tempo ai figli per verificare senza pre-giudizio l’utilizzo che essi ne fanno, prima che si manifestino problematiche importanti. Non dimentichiamo il fenomeno hikikomori che negli ultimi anni ha visto una notevole crescita. Giovani tra i 13 e i 35 anni che si chiudono in casa. I campanelli d’allarme a cui i genitori devono fare attenzione sono l’alterazione sonno-veglia e alterazione delle abilità relazionali e sociali.
Oltre alla “vigilanza” è importante il buon esempio del genitore. Quindi che siano in primo luogo gli adulti ad utilizzare in modo corretto le tecnologia. Per esempio, è buona abitudine prevedere dei momenti in cui tutta la famiglia si prende una pausa dallo smathphone: come per esempio quando si cena o nell’ora che precede il sonno, e anche introdurre la consuetudine di passare delle giornate intere senza telefono. Teniamo conto che purtroppo i dati ci dicono che le conseguenze negative dell’utilizzo delle nuove tecnologie superano di gran lunga quelle positive. Inoltre, è bene considerare che tutti i rischi di cui abbiamo parlato, aumentano in proporzione all’età in cui si fornisce lo strumento.
Gli esperti ricordano che i rischi aumentano notevolmente quando si tratta di minori di 14 anni, ma non dimentichiamo che a tutte le età il pericolo della dipendenza è sempre presente.