BY: Renato Barbruni
Al di la della vita
di Martin Scorsese
I personaggi del film appaiono come riflessi di dolore e sofferenza trasudanti anima. E’ un affresco scuro dalle tinte forti, un viaggio nell’inferno della nostra era, nell’inferno di una coscienza morale votata al prolungamento della vita sul piano biologico, metafora concretistica della salvezza. Si pensi all’accanimento terapeutico.Questa tematica la si ritrova nel film di Kenneth Branagh “Frankenstein” la cui riflessione si trova su questo sito.
L’etica della salvezza è traversata dalle inquietudini esistenziali del protagonista che si trova a rendersi conto di quanto egli sia posseduto dalla ossessione di salvare. La morte di una giovane è l’occasione perla domanda drammatica: “ma cosa vuole dire salvare una vita?” Emblematiche le frasi del personaggio quando dice: “Col tempo mi sono accorto che io ero lì per essere testimone, come uno straccio per il dolore…” E poi ancora: “Mi hanno insegnato che salvando gli altri avrei salvato me stesso, mentre mi sono perso.”
E’ l’etica della dedizione al prossimo che viene messa in discussione.In vari momenti del film osserviamo scene nelle quali il personaggio che svolge il ruolo di colui che salva esprime la consapevolezza del limite della sua azione se non interviene la piena collaborazione di colui che è salvato. Ad esempio quando il tossicomane per l’ennesima volta arriva al pronto soccorso il medico di guardia gli dice: “Adesso di daremo qualcosa, poi uscirai di qui, per poi tornare un’altra volta.” Tutto sembra inutile. E’ lo sgomento che prende chiunque operi nel campo della solidarietà sociale. Quella frustrazione di fronte a molte persone che non sanno o non vogliono farsi carico di se stesse.
Il protagonista vive nel ricordo della morte di una giovane trovata per strada, un ricordo che lo assilla schiacciandolo nel senso della colpa, la colpa di non aver saputo restituire la vita a chi l’aveva perduta.Simbolo questo di un rapporto con la vita ormai troppo mediato dalla tecnologia, così anche la tematica escatologica della salvezza o vita eterna, che traversa la coscienza occidentale e cristiana, svilisce nel puro atto del procrastinamento dell’evento biologico chiamato vita.
Il momento catartico del protagonista è affidato all’incontro con il vecchio che vuole lasciarsi morire poiché accetta l’ora della sua fine;ma l’egoistico affetto dei familiari trattenendolo lo inchioda a una vita legata ad una macchina, piuttosto che intrecciata con l’anima. Il medico ha gli strumenti per costringere il cuore dell’uomo a tornare a battere. D’altra parte, se il cuore obbedisce unicamente alle leggi della biochimica da cui dipenderebbe il suo continuo battere, basta ripristinarne le condizioni. Ma il vecchio, che chiede attraverso un dialogo telepatico col protagonista di poter morire e quindi essere salvato con la morte, è votato a liberarsi dell’involucro solo biologico del corpo, e invoca la morte come vera salvezza, da una vita che a quel punto della sua vicenda personale ha fatto il suo tempo. Il senso della morte è il tema che serpeggia in tutto il film, e quando parliamo del senso della morte dobbiamo fare i conti col tema fondamentale per l’uomo che è l’Anima. Allora la giovane che muore davanti ai suoi occhi mentre egli tenta di procrastinarne la vita, è proprio l’anima del protagonista. Egli la incontra all’angolo di una strada, gettata come immondizia in un mondo fatto solo di materia. Suoni, rumori, colori,riprese veloci, quasi frenetiche, suscitano la presenza ingombrante della materia che invade ogni anfratto, così che la città è schiacciata in una interminabile notte, la cui alba è ritrovato quando il protagonista ritrova il senso della morte, ritrovando la pace con se stesso e il mistero chiuso nella propria esistenza.