BY: Renato Barbruni
Mi chiamo Sam (I am Sam)
di Sean Pean
A prima vista appare come un film sull’atteggiamento pregiudiziale di fronte all’handicap, invece, lentamente nel dispiegarsi della storia, rivela essere una metafore sul mistero dell’amore. Un mistero poiché non si hanno parole per descriverlo e comprenderne la natura. Il processo a cui è sottoposto Sam, il protagonista della storia, per valutarne le capacità di essere “un buon padre”, riesce solo a mettere in luce quello che infondo è già palese, vale a dire le difficoltà dell’uomo di adattarsi con pieno successo alla realtà sociale. Si mettono infatti in evidenza le sue limitate possibilità di migliorare la condizione economica della sua vita; si mette in evidenza il limite intellettivo che non gli consente di fungere da guida e da sostegno alla carriere scolastica della figlia, ma non si riesce a comprendere perché un tale corollario di limiti umani possa generare nella figlia tanto amore e altrettanta riconoscenza.
L’amore che Sam nutre per la figlia è come un faro posto al di là della nebbia dei limiti psichici del padre. La bambina si affida a quella luce misteriosa che la guida ad essere se stessa, a mantenersi in rapporto con la parte più profonda di sé: quel luogo della personalità dove hanno origine le dimensioni più elevato dell’uomo. Guardando il film vengono alla mente le parole di San Agostino: “Ama e fai quello che vuoi”, nel senso che l’amore di Sam non ha bisogno del suo Fare, si esprime al di là di quella limitata dimensione umana che è appunto il Fare, riuscendo a raggiungere il cuore e l’anima della piccola Lucy.
Sam è l’innocente, il puro d’anima, il povero di spirito. Già altre volto il cinema si è occupato di questo personaggio, cito Forrest Gump, Harvey, una metafora dell’innocenza che troviamo mirabilmente descritta nello stupendo romanzo di Fiodor Dostoevskij , “L’idiota”. L’innocenza traversa la cultura della nostra civiltà, ma spesso è scavalcata e umiliata dalla presunzione della ragione, altre volta dalla prepotenza del fare dell’uomo d’azione che pretende di domina e rappresentare l’intera realtà. Qualche volta accade che lasciamo da parte la nostra armatura di intelligenza razionale e volitiva e ci lasciamo andare ad un atteggiamento più umile in cui riscopriamo l’attesa, la fede nel divenire in noi della vita. Così facendo accettiamo il mistero, la consapevolezza di non sapere tutto. Spesso,quasi sempre, agiamo come se noi sapessi tutto, e perfettamente; un delirio di onniscienza di cui neanche ci rendiamo conto e che ci porta a catastrofiche conseguenze. Questo è accaduto tante volte nella vicende personali di ciascuno di noi come nella nostra storia collettiva. I am Sam – Sean Pean