BY: Irene Barbruni
BY: Ginevra Barbruni
La dieta mediterranea
La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato alle abitudini e alla tradizione alimentare del nostro Paese e di molti altri Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo.
Padre della dieta fu Ancel Keys, noto anche per essere l’inventore della razione K, commissionata nel 1942 dal governo statunitense, una razione alimentare individuale giornaliera di sopravvivenza studiata per i soldati e strutturata in tre pasti (colazione, pranzo e cena), tutt’oggi ancora in uso.
Ancel Keys fu il primo ad aver intuito la relazione tra alimentazione e stato di salute arrivando ad evidenziare i benefici dello stile alimentare del Mediterraneo nel prevenire le cosiddette malattie del benessere come le cardiopatie, il diabete, l’obesità, l’ipertensione e le dislipidemie.
Il ricercatore americano, durante la seconda guerra mondiale, arrivò nel nostro Paese e sorpreso dall’ottimo stato di salute e dalla longevità della popolazione locale si stabilì a vivere in Italia e diede il via, nei primi anni ’50 del secolo scorso, agli studi medico-nutrizionali sulla dieta mediterranea. Nel suo lungo soggiorno italiano studiò i comportamenti alimentari italiani e osservò come la dieta mediterranea influisca sul benessere delle persone, dimostrando quindi come tali abitudini alimentari associate ad uno stile di vita non sedentario, permettevano di ridurre il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari.
Pertanto i benefici conseguenti all’adozione di questo stile alimentare sono molti e sono stati studiati ampliamente e provati scientificamente tanto che la dieta mediterranea, è ormai riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale come un importante aiuto nella prevenzione e nella cura di molte patologie.
Lo stile mediterraneo presenti numerosi vantaggi per la nostra salute: riduce il rischio di malattie cardiovascolari, perché mantiene sotto controllo colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa e il livello di zuccheri nel sangue; limita l’insorgere del diabete, grazie a un elevato consumo di vegetali, cereali e un basso apporto di grassi e zuccheri ed infine facilita il mantenimento di un peso corporeo adeguato, attraverso l’integrazione di diversi alimenti.
La dieta mediterranea deve quindi la sua efficacia alla prevalenza di alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di tipo animale e allo scarso impiego della carne (soprattutto rossa e grassa) a vantaggio del pesce e delle carni bianche magre. Inoltre, l’attenzione alla stagionalità dei prodotti, l’utilizzo di cereali, legumi e spezie rendono questo regime alimentare più completo rispetto ad altri dal punto di vista nutritivo.
In quasi tutti i paesi del mediterraneo il profilo alimentare adottato dalle famiglie è definibile come mediterraneo, anche se più per tradizione che consapevolezza.
Il tasso di mortalità per malattie del benessere risulta pertanto più alto rispetto ai nostri avi, sui quali sono stati condotti gli studi nutrizionali, in quanto negli anni successivi si è assistito ad un miglioramento delle disponibilità economiche e quindi di quelle alimentari, ma anche ad un aumento e diffusione di maggiori agi (automobile, lavoro sedentario, mezzi pubblici, elettrodomestici ecc) che hanno ridotto di molto l’attività fisica giornaliera relativa alle attività quotidiane.
Per questo motivo oggi la dieta mediterranea, per essere realmente efficace, va inserita all’interno di uno stile di vita che comprenda anche il consumo di prodotti di qualità e un’attività fisica costante.
I nutrizionisti americani pensarono di riassumere i risultati ottenuti dai numerosi studi scientifici creando un modello grafico semplice, chiaro e comprensibile da tutti che potesse sintetizzare visivamente le indicazioni per una sana alimentazione secondo i dettami della dieta mediterranea : la piramide alimentare mediterranea, con l’obiettivo di raffigurare la distribuzione degli alimenti nell’arco delle 24 ore, indicando la frequenza e le dosi consigliate.
Gli alimenti che dobbiamo consumare in maggiore quantità sono rappresentati alla base e, man mano che si sale, troviamo gli alimenti di cui moderare il consumo.
Alla base della piramide quindi ci sono gli alimenti da consumare spesso, che forniscono i nutrienti chiave e garantiscono un’alimentazione bilanciata: cereali (pasta, pane, riso o altri cereali, preferibilmente di grano integrale), frutta, verdura, legumi e olio extra vergine di oliva. Nel livello intermedio troviamo prima gli alimenti da consumare giornalmente quali latte e latticini, come yogurt e formaggi; salendo nel secondo livello intermedio troviamo gli alimenti da consumare settimanalmente: carni bianche,pesce e uova.
Al vertice della piramide si trovano gli alimenti che dovranno essere assunti soltanto in alcune occasioni, perché caratterizzati da un rilevante apporto di zuccheri e grassi insalubri: dolci, caramelle, succhi di frutta zuccherati e analcolici, nonché la carne rossa e i grassi di origine animale come il burro. Sui lati della piramide alimentare troviamo indicazioni sulle porzioni settimanali concesse per ogni tipologia di alimento. Non esiste però una porzione uguale per tutti, le quantità naturalmente cambiano a seconda delle diverse fasi della vita e secondo le personali esigenze energetiche di ognuno.Durante la giornata è importante, inoltre, consumare 1,5-2 litri al giorno di acqua per garantire un’adeguata idratazione.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un’attività fisica regolare di intensità moderata (ad esempio camminare, andare in bicicletta o praticare sport) apporta benefici significativi alla salute. Attualmente, in considerazione del fatto che è stata posta notevole enfasi sul ruolo importante del movimento come fattore preventivo e protettivo nei confronti delle malattie cronico- degenerative, è stata sviluppata una nuova piramide alimentare, alla cui base è posta l’attività fisica quotidiana, significando con questo che è proprio la sedentarietà, più che l’incremento dell’apporto calorico, una delle cause principali dell’insorgenza dell’obesità e delle patologie ad essa correlata.
La nuova piramide della dieta mediterranea moderna proposta dall’INRAN (Istituto Nazionale per la Ricerca degli Alimenti e della Nutrizione), rivolta a tutti gli individui di età compresa tra i 18 e i 65 anni, tiene pertanto conto dell’evoluzione dei tempi e della società, evidenziando l’importanza basilare dell’attività fisica, dell’abitudine di bere acqua, ma fornisce anche altre nuove indicazioni importanti e significative come la convivialità a tavola e il suggerimento di privilegiare il consumo di prodotti locali su base stagionale.
La dieta mediterranea è da sempre uno dei cardini nei settori della nutrizione, della sicurezza alimentare e della tutela della biodiversità; non è semplicemente un regime alimentare dietetico ma un peculiare stile di vita alimentare che si fonda sulla qualità degli alimenti, quali olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità.
L’alimentazione mediterranea è stata riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio immateriale dell’Umanità ed anche l’Ordine Nazionale dei Biologi vuole contribuire a diffondere un messaggio consapevole circa l’importanza di un corretto stile di vita e un’adeguata alimentazione.
Per questo motivo dal 19 al 24 settembre 2016, è stata organizzata la seconda edizione di “Mangiare&Salute”, la settimana dedicata alla promozione della dieta e dello stile di vita mediterraneo.
Come già accaduto nel mese di Giugno scorso, i biologi che aderiranno all’iniziativa offriranno gratuitamente delle consulenze nutrizionali ai cittadini, aiutandoli a comprendere quanto un’alimentazione sana ed equilibrata sia importante per il mantenimento del loro buono stato di salute e come sia fondamentale programmare un percorso alimentare insieme a un professionista della nutrizione.
Ulteriori informazioni si trovano sul sito www.mangiareesalute.it, dove è inoltre possibile consultare l’elenco dei nutrizionisti disponibili per ciascuna città italiana.
Fonti:
http://nut.entecra.it/358/31/news/ecco-la-nuova-piramide-alimentare–della–dieta-mediterranea.html
http://www.mangiareesalute.it/
http://www.piramideitaliana.it/
BY: Ginevra Barbruni
La corretta alimentazione in gravidanza: nutrirsi per nutrire
Durante il periodo della gravidanza è fondamentale seguire un’alimentazione adeguata per poter assicurare un corretto svolgimento della gestazione e del parto e per garantire un buono stato di salute sia della mamma che del nascituro; infatti il tipo di alimentazione, ed il conseguente stato nutrizionale che ne deriva, si rivelano fattori importanti in grado di poter influenzare in modo significativo il decorso dei nove mesi di attesa ed il corretto sviluppo del feto. Sarà quindi opportuno che le future mamme prestino attenzione alla loro alimentazione già a partire dal periodo prima del concepimento, fino a continuare durante tutto il periodo in cui il bambino verrà allattato al seno.
Il periodo della gravidanza diventa un’occasione importante per poter valutare l’adeguatezza del proprio modo di alimentarsi e di conseguenza poter migliorare ed impostare uno stile di vita più sano, da mantenere anche dopo il parto e l’allattamento.
L’alimentazione della donna in questo periodo non si dovrebbe discostare molto da quella precedente, anche se naturalmente alcuni fabbisogni aumentano: è necessaria infatti una quota calorica maggiore che viene utilizzata per la creazione dei nuovi tessuti fetali, per la formazione della placenta e per la crescita dell’utero, ma anche per l’aumento della massa sanguigna. Aumenta di conseguenza anche il fabbisogno proteico proprio per la necessità di creare nuovi tessuti ed aumenta anche il fabbisogno di vitamine (A, D, C, B6, B12, acido folico), sali minerali (calcio, ferro, fosforo) e lipidi (acidi grassi essenziali), di fondamentale importanza per assicurare al feto tutti i nutrienti di cui ha bisogno per il suo sviluppo. Un basso livello di folati infatti nella madre è un fattore di rischio per lo sviluppo di difetti del tubo neurale nel feto. L’incremento dell’apporto di acido folico in gravidanza, si è dimostrato efficace per la prevenzione della spina bifida e dell’anencefalia. Per questo motivo si consiglia di iniziare l’integrazione con acido folico almeno un mese prima del concepimento.
Gli acidi grassi essenziali si rivelano invece molto importanti per la madre ma soprattutto per la crescita e lo sviluppo del sistema nervoso centrale del neonato.
Vanno necessariamente introdotti attraverso la dieta in quanto non possono essere prodotti autonomamente dal nostro organismo. Tra questi ad esempio troviamo i famosi Omega-3, acidi grassi polinsaturi a lunga catena, tra cui il il più importante è il DHA presente nel pesce, soprattutto quello “azzurro”.
Le donne che seguono una dieta vegetariana o vegana devono prestare attenzione inoltre ai livelli di assunzione raccomandati dalla comunità scientifica soprattutto per quanto riguarda le proteine ed è spesso loro consigliato di ricorrere ad un supplemento di vitamina B12.
Durante il periodo di gestazione è quindi fondamentale seguire una dieta equilibrata, introducendo calorie e nutrienti necessari per mantenersi in buona salute, ma anche per garantire la formazione di nuovi tessuti, che permetteranno il corretto sviluppo fetale, e di riserve energetiche che saranno poi utilizzate in seguito durante l’allattamento.
La futura mamma dovrà quindi alimentarsi in modo adeguato per venire incontro alle proprie esigenze e a quelle del figlio. L’apporto calorico dovrà quindi necessariamente essere più alto , ma considerando il fatto che un eccessivo aumento di peso potrebbe creare problemi sia durante la gestazione che al momento del parto, il fabbisogno energetico dovrà comunque essere valutato attentamente in modo individuale in quanto dipende da molti fattori, che variano da donna a donna ed in base alle condizioni fisiche, allo stile di vita, al livello di attività fisica svolta e al tipo di lavoro svolto.
L’incremento energetico richiesto dalla maggior parte delle future mamme è comunque relativamente basso: infatti come spesso si sente dire “la donna in gravidanza non deve nutrirsi per due, ma nutrirsi due volte meglio” ossia migliorare l’alimentazione dal punto di vista qualitativo.
Quindi è importante acquisire un regime alimentare impostato su una dieta semplice, varia ed equilibrata, evitando pasti troppo abbondanti, cibi troppo elaborati, fritti e grassi ed evitare completamente l’assunzione di bevande alcoliche.
Un’alimentazione corretta dovrebbe pertando includere quotidianamente abbondanti quantità di frutta e verdura; farinacei come pane, pasta, riso e patate; proteine che per metà devono essere di elevato valore biologico (derivate quindi da pesce, carne e uova) e per l’altra metà fornite dai legumi (molto ricchi anche in fibra utile per prevenire e contrastare la stipsi); abbondanza di fibre derivate da pane integrale, frutta e verdura; prodotti caseari come latte, formaggi magri, yogurt. Alle donne non immunizzate nei confronti della toxoplasmosi, si consiglia inoltre di non utilizzare carne cruda o poco cotta, salumi, ad eccezione di quelli cotti, come ad esempio prosciutto cotto e mortadella e di utilizzare le uova solo ben cotte.
Di seguito vengono riportati una serie di consigli dedicati alla donna in gravidanza forniti dal Ministero della Salute per mangiare bene e in modo sano.
In generale è importante:
Seguire una dieta quotidiana il più possibile varia e contenente tutti i principi nutritivi
Fare 4-5 pasti al giorno
Mangiare lentamente, infatti l’ingestione di aria può dare un senso di gonfiore addominale
Bere almeno 2 litri di acqua al giorno, preferibilmente oligominerale, non gasata.
Sono da preferire:
Alimenti freschi per mantenere inalterato il loro contenuto di vitamine e minerali
Carni magre consumate ben cotte
Pesci tipo sogliola, merluzzo, nasello, trota, palombo, dentice, orata cucinati arrosto, al cartoccio, al vapore o in umido
Formaggi magri tipo mozzarella, ricotta, crescenza, robiola
Latte e yogurt, preferibilmente magri
Verdura e frutta di stagione, ben lavata, ogni giorno.
Da limitare:
Caffè e tè (da preferire eventualmente i prodotti decaffeinati o deteinati)
Sale (preferendo comunque quello iodato)
Zuccheri (privilegiare i carboidrati complessi, come pasta, pane e patate)
Uova (vanno consumate ben cotte e non più di 2 a settimana)
Grassi (preferire l’olio extravergine di oliva)
Da evitare assolutamente:
Bevande alcoliche.
L’alcol ingerito dalla madre giunge dopo pochi minuti nel sangue del feto, ma il feto non può metabolizzarlo perché è privo degli enzimi adatti a questo compito, di conseguenza l’alcol e i suoi metaboliti si accumulano nel suo sistema nervoso e in altri organi danneggiandoli.
G.Barbruni
BY: Ginevra Barbruni
L’importanza di buone abitudini alimentari durante l’infanzia
Perché è cosi importante una buona alimentazione durante l’infanzia?
Una corretta alimentazione in questo periodo della vita è fondamentale per assicurare nutrienti ed energia necessari per la crescita e di conseguenza il corretto sviluppo del bambino. Si rivela essere particolarmente importante il periodo prescolare, quello che va dai 3 ai 6 anni, in quanto proprio in questa fase si sviluppano modelli alimentari che se appresi correttamente saranno in grado di costituire la base per un’alimentazione sana anche in età adulta.
Quali sono le regole principali da seguire per una buona alimentazione nell’età della crescita?
•Consumare 4-5 pasti al giorno ponendo maggiore attenzione al momento della colazione
•I cibi non devono essere eccessivamente salati
•Ridurre l’assunzione di alimenti dolci
•Stimolare il consumo di prodotti vegetali
•La dieta deve essere varia sia per adattare il palato sia per evitare eccessi e carenze
•Il momento del pasto deve essere piacevole
•Non si devono usare gli alimenti come ricompensa o castigo
Ci sono alimenti da bandire?
In linea generale nessun alimento è da bandire assolutamente. È necessario, sia nel bambino come nell’adulto, seguire le basilari regole per una corretta alimentazione, come ad esempio limitare il consumo di alimenti particolarmente ricchi di zuccheri semplici e di grassi saturi ed aumentare invece il consumo di frutta e verdura. Ma soprattutto è fondamentale la varietà degli alimenti: non è necessario eliminare nulla dall’alimentazione, ma consumare tutti gli alimenti nelle giuste quantità e frequenze.
Oggi sempre più persone scelgono una dieta vegetariana o vegana. Le proteine animali sono indispensabili alla crescita?
Per quanto riguarda le diete vegetariane ne esistono diverse forme, ma fondamentalmente viene sempre mantenuta una fonte alimentare di proteine animali (come ad esempio latte, uova o pesce). Nelle diete vegane invece queste fonti vengono eliminate.
Le proteine animali hanno il vantaggio di essere più complete e di possedere tutti gli amminoacidi essenziali di cui abbiamo bisogno, cosa che non ritroviamo negli alimenti vegetali. In questo caso ad esempio la completezza amminoacidica si ottiene associando cereali e legumi.
Le fonti alimentari animali inoltre possiedono anche elementi fondamentali e facilmente biodisponibili come Calcio, Ferro e vitamina B12.
Esistono diversi pareri in campo medico-scientifico sulla possibilità di poter assicurare al bambino una corretta crescita seguendo una dieta vegetariana o vegana. E’ sempre comunque importante seguire il parere di uno specialista soprattutto nel caso del regime vegano perché si rischia di incorrere in carenze nutrizionali gravi ed è quindi necessario ricorrere ad integrazioni di alcuni micronutrienti.
In generale, perché è importante dare delle regole hai nostri figli?
Basta osservare per pochi istanti un bambino per accorgersi di quanta energia ha da esprimere. Spesso i bambini disegnano, per esempio, spontaneamente i vulcani che sono proprio simbolo dell’energia che sentono dentro e che li spinge alla vita. Tale energia va però governata ed indirizzata per essere veramente utile all’espressione di se stessi. Per questo le regole, nel corso dell’infanzia, servono innanzitutto per facilitare l’emergere della capacità di controllo sulla propria energia affinché venga indirizzata nel mondo giusto e non venga dispersa in modo caotico ed entropico. Metaforicamente potremmo dire che le regole sono come la guaina che avvolge i fili dell’energia elettrica; senza di essa buona parte dell’energia si disperderebbe senza alcuna finalità. Apprendere quindi una forma di disciplina significa saper governare la potente energia che scaturisce dall’esperienza umana del bambino. Senza la capacità di dare una “forma giusta” abbiamo comportamenti caotici ed inconcludenti.
E per quanto riguarda le regole alimentari?
L’esercizio alla disciplina passa anche attraverso l’apprendimento di buone abitudini alimentari. Non dimentichiamo infatti che il bambino (ma anche l’adulto) è sollecitato dal piacere del cibo, più che dalla bontà nutrizionale di questo. Governare il proprio piacere è un esercizio psicologico dalle notevoli conseguenze benefiche. Ma il bambino si sa è particolarmente sedotto dai gusti piacevole e forti: il dolce e il salato vanno quindi amministrati. Sarebbe bene non stuzzicare il bambino, invogliandolo a mangiare cose troppo salate e piccanti, ma abituarlo a gusti moderati. Qui incontriamo il primo grosso problema: infatti viviamo in una società edonistica e molto spesso è l’adulto ad esser incapace di governare il proprio piacere, proponendo al bambino un modello sbagliato.
Insegnare ai bambini a seguire alcune semplici regole alimentari non serve solo per educarli ad una buona alimentazione, ma è occasione per farli esercitare le capacità di autogestione e controllo di se stessi. Il contenimento della golosità, quindi l’allenamento alla rinuncia, è un primo passo fondamentale per la capacità del contenimento anche degli aspetti emotivi. Attraverso, invece, la richiesta di mangiare qualcosa che magari non piace ma che “fa bene” risvegliamo nel bambino la capacità di reggere situazioni non piacevoli per un fine importante; un aspetto fondamentale per quanto riguarda anche le “fatiche” scolastiche. Tutti questi elementi aiutano in ultimo a sviluppare l’autostima che si fonda proprio sulla consapevolezza della capacità di controllo di sé. La vera libertà consiste in effetti nel saper dominare se stessi, altrimenti siamo assoggettati agli stimoli esterni e alle varie dipendenze.
Ginevra Brabruni, Irene Barbruni
BY: Ginevra Barbruni
Alimentazione e prevenzione
I lipidi rappresentano il nutriente a più elevato rendimento energetico e sono, insieme alle proteine, il principale costituente delle membrane biologiche. Inoltre costituiscono il substrato da cui derivano importanti molecole dell’omeostasi come ormoni steroidei, vitamine, sali biliari ecc..
I lipidi a temperatura ambiente possono trovarsi in forma liquida o solida. I lipidi in forma liquida vengono definiti oli e sono prevalentemente di origine vegetale, mentre i lipidi solidi, definiti grassi, sono di origine animale. I lipidi sono composti da acidi grassi i quali sono classificati in acidi grassi saturi, acidi grassi monoinsaturi e acidi grassi polinsaturi. Tra gli acidi grassi polinsaturi troviamo quelli che sono definiti “acidi grassi essenziali” perché non possono essere sintetizzati dall’organismo dei mammiferi e devono quindi essere introdotti con la dieta. Nel gruppo degli acidi grassi essenziali troviamo gli w-6 e w-3.
Un insufficiente apporto di questi nella dieta sarebbe alla base di molteplici condizioni patologiche.
Esistono numerosi studi che mettono in correlazione i livelli d’assunzione di lipidi con l’insorgenza e la prevenzione di patologie tumorali .
In paesi dove l’olio di oliva è la fonte principale di grassi si registra una incidenza di cancro minore rispetto ad altri paesi che utilizzano un altro tipo di alimentazione. Quindi in numerosi studi è stato dimostrato come un utilizzo di acidi grassi monoinsaturi, incluso l’olio d’oliva, sia associato ad una riduzione del rischio di sviluppare il cancro (soprattutto polmone, colon e prostata).
Recentemente gli acidi grassi polinsaturi sono stati considerati per il loro potenziale antitumorale e vengono utilizzati in molti centri oncologici come coadiuvanti nelle normali terapie antineoplastiche. Esistono studi che mettono in evidenza come le condizioni dei pazienti sottoposti a chemioterapia migliorino quando vengano assunti con la dieta acidi grassi polinsaturi. Questi sono quindi in grado sia di alterare la tossicità e l’attività dei chemioterapici, sia di rendere le cellule tumorali più sensibili agli effetti dei farmaci antitumorali.
Estratto dalla tesi “Valutazione in vitro del potenziale antitumorale di una miscela di lipoperossidi”
BY: Irene Barbruni
Hannibal Lecter – L’origine del male (nuova recensione)
Hannibal Lecter
di P. Webber (Francia, GB, USA,2005)
Regia: Peter Webber. Interpreti principali: Gaspard Ulliel, Gong Li, Rhys Ifans, Kevin McKidd, Dominic West, Richard Brake, Stephen Walters, Ivan Marevich, Goran Kostic. Genere Drammatico, colore, 117 minuti. Produzione Francia, Gran Bretagna, USA 2007.
Il film racconta le vicende del giovane Lecter, il famoso serial killer-cannibale, personaggio creato da T. Harris e interpretato magistralmente da A. Hopkins nei film precedenti.
Lecter nasce in Lituania prima della Seconda Guerra Mondiale da una ricca famiglia aristocratica. Durante la guerra vive l’orrore di vedere i genitori morire sotto un attacco e si ritrova solo con la sorellina di nome Mischa. I due bambini rimangono nel casale dove la famiglia si era rifugiata per sfuggire ai soldati e Hannibal si prende amorevolmente cura della sorellina. Dopo pochi giorni un gruppo di disertori tedeschi irrompono nel casale e tengono in ostaggio i due bambini. La scarsità di cibo induce il gruppo di uomini ad uccidere e mangiare la bambina. Hannibal riuscirà a fuggire e viene rinchiuso in un orfanotrofio sorto proprio nella sua vecchia casa. Lecter è qui ormai un giovane adolescente che si difende dalle crudeli angherie dei compagni manifestando già una freddezza particolare nel suo modo di farsi giustizia da solo.
Nella vecchia camera della madre ritrova delle lettere di uno zio e fugge per andare a cercarlo a Parigi dove troverà la zia giapponese ormai vedova, Lady Murasaki Shibuku, che lo accoglie nella sua casa. Anche Lady Murasaki ha vissuto il terribile dolore di perdere i suoi cari e comprende la sofferenza che devasta il giovane Lecter. Un giorno ad un mercato un macellaio molesta Lady Murasaki e Hannibal, non sopportando tale ingiustizia, riserva all’uomo una morte dolorosa mettendo in pratica le tecniche di lotta giapponese insegnate dal Lady Murasaki. La zia aiuta Hannibal quando l’Ispettore di polizia sospetta di lui; lo protegge perché comprende la rabbia che muove le sue terribili azioni e spera ancora che possa superare questa sua pulsione ad uccidere. Una pulsione che deriva da una propensione a combattere fuori di sé il dolore devastante che vive all’interno della propria anima.
In seguito si trasferiscono negli USA, affinché Hannibal possa studiare medicina, dove comincia la sua vendetta: Lecter uccide chi ha mangiato la sorellina. La zia cerca di persuadere Hannibal a non uccidere chiedendogli di risparmiare almeno il padre di una bambina, chiedendogli quindi di salvare la parte innocente che è dentro di lui, ma la sua furia è troppo grande. Il senso di potenza che cresce mentre uccide quegli uomini placa i tumulti interiori che in questo modo sono sotto controllo.
I propri incubi notturni prendono corpo negli uomini indegni che lui incontra e che vuole sterminare: è meno devastante quando riusciamo a dare un volto al male che ci logora dentro. La scena in cui sta uccidendo uno degli assassini della sorella e questi gli rivela che lui stesso ha mangiato la bambina, senza saperlo, è la scena che segna una sorta di non ritorno al bambino innocente Hannibal Lecter libero dai propri istinti carnefici. L’endocannibalismo sarebbe l’atto di mangiare i cadaveri dei propri morti e non quelli del nemico.
“Il risultato apparente dell’endocannibalismo è quello di una totale integrazione tra morti e vivi, dal momento che questi ultimi assorbono i primi: ma si tratta soltanto di un’apparenza. In realtà, l’endocannibalismo porta all’apice la separazione tra vivi e morti, nel senso che i primi, mangiando gli altri, pervengono addirittura a privarli di quell’estremo ancoraggio nello spazio che sarebbe rappresentato da una tomba: non resta più alcuna possibilità di contatto gli uni e gli altri” (Dizionario delle Mitologie e delle religioni di Yves Bonnefoy, Bur Dizioni Rizzoli).
L’unica parte di Lecter legata ai sentimenti, che affiorava alla coscienza attraverso gli incubi, in quel momento è morta come anche l’amore tenero per la sorellina, che in qualche modo dava un senso alla sua furia omicida, perchè anche lui è ormai solo un feroce assassino. Ciò che caratterizza questo personaggio non è una non distinzione tra bene e male ma una totale assenza di empatia nel dolore dell’altro e un freddo calcolo secondo cui chi non è degno può e deve essere giustiziato.
Quando Hannibal rivela l’amore per Lady Murasaki lei sa già che la parte di Lecter capace di amare è ormai assopita: quella parte è morta con la sorellina, l’odio l’ha consumato fino a farlo diventare il male che divora se stesso. Il personaggio di Lecter ha assorbito come una spugna la sete di morte e di vendetta degli uomini incarnando un male spietato.
BY: Irene Barbruni
I diabolici
I diabolici
Titolo originale Les diaboliques
Regia Henri-Geoeges Clouzot
Sceneggiatura Henri-Geoeges Clouzot, Jerome Germini, Renè Masson, Frederic Grendel
Interpreti Simone Signoret, Paul Merisse, Vera Clouzot
Durata 110’
Musiche Georges Van Parys
Fotografia Armand Thirard
Paese, Anno Francia, 1954
Produzione Henri-Geoeges Clouzot
Note: Adattamento di un romanzo di Boileau-Narcejac. Remake nel 1996 di Jeremiah Chechik, con Isabelle Adjani e Sharon Stone.
Cristina e il marito Michel Delassalle dirigono un collegio per ragazzi di proprietà della donna. Il signor Delassalle è un uomo autoritario, arrogante e violento e la moglie, malata di cuore, sopporta i continui soprusi fisici e psicologici del marito senza trovare mai il coraggio di chiedere il divorzio. La donna trova però un’alleata, un’insegnate della scuola, Nicole, amante dell’uomo, che non intende più subire le sue violenze. Quet’ultima propone a Cristina di uccidere l’uomo simulando un incidente nella piscina del collegio e la donna, esasperata dal comportamento del marito, accetta. Ma il cadavere pochi giorni dopo non si trova più.
Cristine è una donna colta che ama il suo lavoro e non dipende economicamente dal marito, ma da esso è ugualmente soggiogata. Non a caso la protagonista è malata di cuore: porta dentro di sé una ferita, lasciata da un maschile distruttivo e fortemente negativo. La protagonista è priva di una parte positiva di maschile che le possa dare la forze di esprimere se stessa senza lasciarsi distruggere. Per ribellarsi all’uomo si allea con una donna che rappresenta un femminile falsamente emancipato. La vera morte del lato ombra non può avvenire se è ancora presente un femminile non pienamente cosciente di sè. L’amore che la lega all’uomo è qui un amore “malato” che non conduce all’evoluzione del Sé ma ad una sofferenza che schiaccia la sua soggettività.
Dopo aver ucciso il marito e in seguito agli eventi strani che si presentano (il vestito che indossava il cadavere lavato e pulito, il bambino che riferisce di essere stato punito dal direttore) Cristine emerge, nella sua interiorità, un aspetto di forza e di ribellione agli eventi. Il personaggio che incarna questo lato della personalità della donna è l’investigatore rappresentante un nuovo maschile che porta la razionalità e la capacità di far luce su ciò che è successo (Logos). L’investigatore sa osservare la situazione senza lasciarsi condizionare dalla paura. La protagonista è troppo invasa dal senso di colpa per poter ragionare lucidamente e non crede al ragazzino che dice di aver visto il direttore, ossia non crede al lato intuitivo di se stessa, che riesce a vedere ciò che con gli occhi non può essere visto.
Alla fine la protagonista recupera questo lato di se stessa e comincia la guarigione del cuore, ossia la guarigione di quel punto della personalità dove sentiamo la verità.
BY: Irene Barbruni
The Hole, di Nick Hamm (GB, 2001)
The Hole
Regia Nick Hamm
Sceneggiatura Ben Court, Caroline Ip
Interpreti Thora Birch, Desmond Harrington, Keira Knightley, Embeth Davidtz
Durata 102
Montaggio Niven Howie
Musiche Clint Mansell
Fotografia Denis Crossan
Paese, Anno Gran Bretagna,2001
Produzione Cowboy Films, Film Council, Granada Film Productions, Impact Pictures, Le Studio Canal+, Pathé Pictures
Distribuzione Nexo
Note: Adattamento di un romanzo di Guy Burt, After the Hole, il film, nato da un difficile parto (di 7 anni!)
Due ragazze e due ragazzi, studenti di un’esclusiva scuola inglese, decidono di boicottare la gita scolastica e passare un week end “alternativo” in un buco che conduce ad un sotterraneo.
Nella prima scena del film c’è lei, l’unica sopravvissuta, che cammina stremata, sanguinante e sporca verso la scuola deserta. Arriva ad un telefono, chiama il pronto intervento ed emette un urlo lacerante.
Due sono le verità su quello che è accaduto nel buco: la versione dell’unica sopravvissuta e quella del presunto maniaco che avrebbe rinchiuso i quattro in quella trappola.
I due temi principali del film sono: il buco che rappresenta simbolicamente il lato oscuro della nostra anima che si trasforma in puro orrore e il tema della passione che può spingersi fino a sconfinare nella pazzia.
La macchina a mano della prima scena e il respiro di Liz, che corre sporca e barcollante in una scuola deserta, pongono lo spettatore dentro la sofferenza penetrante della protagonista che diventa immediatamente vittima ai suoi occhi come di fronte alla psicologa che nel film la ascolta. La storia della tragedia è vista attraverso il racconto della protagonista fatto di flashback; la suspense è giocata sulla scena di uno spazio claustrofobico e buio, ripreso con squarci di luce che trafiggono la notte come le torce elettriche.
Il film si muove su due ambientazioni diverse: la scenografia gotico-oxfordiana del campus e il buio del sotterraneo; ed è forte la contrapposizione tra il colore e l’oscurità. Un mondo superficiale e luminoso fatto di gioventù che ha voglia di divertirsi: sotto tutto questo però c’è un lato oscuro, un buco che inghiotte i quattro ragazzi rendendoli prigionieri e schiavi della loro stessa voglia di trasgressione ed evasione.
Thora Birch (la ragazzina di American Beauty) esce dopo 18 giorni di prigionia in un sotteraneo sporca e sotto-shock. La protagonista riveste la doppia immagine di angelo e demonio ma, in entrambi i casi è una ragazza follemente innamorata. E’ infatti per l’amore non corrisposto per un ragazzo che la tragedia ha inizio.
“Lui era la ragione per cui respiravo, sono rimasta lì ad ascoltare il mio cuore che moriva e la mia anima che sanguinava…desideravo talmente tanto stare con lui che avevo la sensazione di essere in cielo…poi ho pensato…almeno in questo modo non invecchierà mai, non mi tradirà mai, non mi lascerà mai…in questo modo sarà perfetto.”
Liz pronuncia questa frase verso la fine del film quando racconta il momento in cui il proprio amato muore dopo una serie di sofferenze inflitte proprio da lei, che giura di amarlo in un modo talmente profondo che nessuno può comprendere. Ma di che amore si tratta? Amore che diventa possesso e che fa tramutare l’altro in un oggetto, l’oggetto d’amore, che diventa schiavo dei propri desideri. La protagonista dice chiaramente che nel momento in cui il ragazzo che ama è steso a terra morto è finalmente perfetto, perché è finalmente gestibile. La ragazza fin dall’inizio del film tenta di catturarlo come fosse una preda, mai di conquistare il suo amore, ma cerca di metterlo sotto il suo controllo. Anche l’amica è usata come oggetto per arrivare ad un fine (vedi la scena in cui la ragazza sta vomitando ormai morente e Liz parla del suo bacio tanto atteso con il ragazzo dei suoi sogni). A volte la realtà è completamente diversa da ciò che pensiamo di vedere e l’amore può mascherare un lato oscuro e minaccioso.
Nel film i quattro ragazzi pensano che il nemico sia fuori ma in realtà è fra di loro, dentro il buco. Una metafora che simboleggia come spesso noi cerchiamo la ragione della nostra prigionia al di fuori di noi, ma la chiave per la nostra libertà è proprio dentro le nostre tasche.
BY: Irene Barbruni
Dark water (nuova recenzione)
Dark water
di W. Salles (USA, 2005)
Un film di Walter Salles. Con Jennifer Connelly, Ariel Gade, John C. Reilly, Tim Roth, Dougray Scott, Pete Postlethwaite, Shelley Duvall, Jennifer Baxter, Linda Emond. Genere Horror, colore, 105 minuti. Produzione USA 2005.
Note: remake del film giapponese “Acqua scura” diretto nel 2002 da Hideo Nakata
Tutto il film si svolge in ambienti grigi e tetri come grigio e tetro è il mondo interno della protagonista, una madre preda delle sue paure e delle sue insicurezze. Dahlia Williams porta dentro di sé il ricordo di una madre terrificante incapace di prendersi cura di lei e che addirittura si dimentica della sua bambina. All’inizio della storia Dahlia ha appena divorziato e non agevola le pratiche per l’affidamento congiunto, anzi cerca una casa lontano dal marito, un marito che le ricorda che non può essere in grado di occuparsi da sola della figlia Ceci, una bambina intelligente con spiccate capacità intuitive, qualità che possedeva anche Dahlia quando cercava di consolare la mamma alcolizzata. L’incubo peggiore di Dahlia è di essere come la madre e non essere in grado di occuparsi di Ceci.
L’incertezza in cui è messo lo stesso spettatore ci fa’ comprendere la confusione, la paura e la paranoia che caratterizzano questo personaggio. Infatti è difficile afferrare cosa è reale e cosa non lo è; è difficile capire quali siano le ragioni della rottura del matrimonio e se ciò di cui è convinta Dahlia sia vero. Tra le righe dei dialoghi tra i due coniugi sembra che le accuse della moglie nei riguardi del marito, che è secondo lei un padre non presente e che le ha abbandonate per un’altra donna, non siano reali. La proiezioni dei suoi fantasmi sulla figura del marito è più evidente verso la fine del film quando Dahlia è convinta che sia il marito a provocare gli allagamenti per spaventarla e farla apparire una persona squilibrata.
Mentre all’inizio Alice vive una genitorialità distaccata e mediata da altre figure, tipiche di una famiglia benestante, alla fine della storia riscopre finalmente un modo di essere madre più consona alla sua personalità. Infatti, anche nel piccolo appartamento in cui decide di vivere con i suoi figli è più vicina a loro.
L’acqua scura del titolo è l’acqua che penetra dal soffitto e tormenta Dahlia. L’acqua è il simbolo più ricorrente dell’inconscio, come dice Jung: “Chi guarda nello specchio dell’acqua vede per prima cosa, la propria immagine” (Gli archetipi e l’inconscio collettivo, 1976 Bollati Boringhieri, p.19). Sullo specchio è riflesso ciò che siamo, ciò che sta dietro la maschera che mostriamo agli altri e spesso anche a noi stessi. Dahila affronta una grande prova di coraggio e attraverso questo incontro con le acque scure affronta simbolicamente i fantasmi della propria vita interiore.
La tipologia di conoscenza è prima ingenua e mediata dalla visione della figura di riferimento che è il marito, ma in un secondo tempo la protagonista ritrova un’autentica e personale conoscenza delle cose. Anche l’aspetto spirituale, che è prima tradito e poi ritrovato, consiste nel dedicarsi ad una vita più autentica e dedita agli altri.
Il mistero che sta dietro ai fenomeni di acqua scura che penetra dalle vecchie tubature è poi svelato. Nel palazzo vive il fantasma di una bambina che è stata dimenticata dai genitori ed è morta annegata (il passato di Dalhia che diventa presente, un presente in cui lei non è più la bambina ma la madre). Dahlia andrà in fondo alle acque scure e riporterà a galla la verità. Ceci fin dall’inizio comunica con questa bimba ossia comunica con la parte più profonda dell’inconscio della madre.
Dahlia alla fine recupererà il rapporto con se stessa e con il marito abbandonando le paranoie che la discostavano dalla realtà. Sta per separarsi da quel palazzo vecchio e decadente, ma prima ha un’ultima prova da affrontare. Per frenare la furia omicida della bambina che si scaglia contro la figlia perché vuole l’affetto che le è stato negato, Dahlia sceglierà di rimanere con la bimba abbandonata. Sceglie quindi di accogliere finalmente dentro di sé quella bimba ferita ed essere una madre presente che genera vita; salva Ceci diventando una persona che ha avuto il coraggio di affrontare i suoi fantasmi interiori e superarli.
“Le acque nere della morte sono acque di vita, la morte con il suo freddo amplesso è il grembo materno, come il mare che pur inghiottendo il sole, lo ridà alla luce traendolo dal suo grembo materno. La vita non conosce morte…”,
(Simboli della trasformazione, Jung, Bollati Boringhieri1970, p. 219).
BY: Irene Barbruni
Lady Oscar
Tratto dal fumetto “Versailles no Bara” di Riyoko Ikeda
Produttori: Seiichi Gin’ya, Shunzo Kato
Sceneggiatura: Yoshimi Shinozaki, Masahiro Yamada, Keiko Sugie
Regia: Tadao Nagahama, sostituito da Osamu Dezaki dal 19° episodio
Animazione: Shingo Araki, Michi Himeno
Art Director: Ken Kawai, Tadao Kubota
Fotografia: Hirokata Takahashi, Masao Miyauchi
Musiche: Koji Magaino
Note: La serie animata è composta da 41 episodi (l’ultimo dei quali, inedito in Italia, è un riassunto in breve della storia) ed è stata realizzata nel 1979.
OSCAR FRANCOIS DE JARJIAYES
Oscar François de Jarjayes nasce a Parigi il 25 dicembre del 1755. Il padre, il generale Jarjiayes, desidera un maschio affinché possa seguire le sue orme ed intraprendere la carriera militare; lo desidera a tal punto che la notte in cui nasce la sua ultima figlia decide di chiamare la bimba Oscar ed educarla come fosse un uomo.
Oscar per i primi anni della sua vita pensa realmente di essere un maschio; quando diventa adolescente scopre di essere diversa dal suo compagno di giochi Andrè ed è qui che comincia la sua “ribellione” al mondo che suo padre le ha preconfezionato. Rifiuta di seguire gli ordini del genitore, che le impone di diventare Capitano delle Guardie Reali, perché “non vuole proteggere una donna” (lo dice quasi con disprezzo). Ma il suo carattere forte e ribelle la porta nel bosco (il suo inconscio) per fare i conti con il suo deimon, termine con cui Hilmann (“Il codice dell’anima”) chiama la vocazione, il destino che ci porta a quell’unicità che in ognuno di noi è presente e vuole venir fuori nel corso della vita. Infatti non vorrebbe fare il duello ma, provocata dall’uomo, Girodelle, combatte e vince. Inizia così il suo percorso verso l’individuazione, Oscar vive come un uomo ma diventa una donna capace di amare, ricca di ideali, di aspirazioni, una combattente che cresce con la sofferenza e attraverso di essa comprende se stessa.
Il deimon la conduce da Maria Antonietta, una giovane donna con cui instaurerà un legame di amicizia molto forte. La Regina di Francia rappresenta un lato di Lady Oscar che non ha mai potuto far emergere dietro la divisa militare: la frivolezza, la spensieratezza, una bellezza pura e spontanea. Un aspetto di se stessa che Oscar riscopre quando si innamora del Conte di Fersen. La sera del ballo, in cui si veste da donna celando a tutti la sua identità (come per proteggere quel lato tanto bello quanto fragile), fa emergere quel femminile di pura bellezza e spontaneità ma anche di fragilità. L’uomo non ricambia il suo amore essendo innamorato della Regina, ma la vede solo come “un amico”; un amore impossibile ma ugualmente vissuto intensamente. Oscar continua ad amare profondamente questi due giovani: soffre per Fersen e per la “sua “ Regina perché il loro amore porta loro solo sofferenze.
Oscar è una donna che patisce, vive le proprie inquietudini e continua il suo percorso verso se stessa senza incappare in sentimenti quali gelosia, invidia e rancore. Infatti, benché soffra per l’amore non corrisposto, nel suo cuore c’è spazio anche per “patire” per la sua Regina e per l’uomo di cui si è innamorata.
Il dolore produce sempre profondi cambiamenti e Oscar decide che la sua vita sarà quella di un uomo senza più il bisogno di nessun aiuto da parte di André; come se volesse “staccarsi” da chi potrebbe riaccendere in lei passioni troppo forti in quel momento, o forse perché per comprendere c’è bisogno di solitudine. E’ qui che Andrè le rivela il suo amore, le strappa la camicia e la mette di fronte al suo essere donna. Ma Oscar dovrà percorrere la strada verso la conoscenza di sé prima di poter comprendere se stessa e l’amore che la lega ad Andrè. Questo episodio di violenza simboleggia come si sente il personaggio in quel momento della storia: Oscar si scopre donna in balia delle proprie emozioni e vive tutto questo come un’aggressione alla vita in divisa (protetta come una corazza) che ha fino ad allora vissuto, non avendo ancora trovato in lei la forza per gestire tali sentimenti e fonderli con le altre parti della propria identità. Come se vivesse una spaccatura interiore, una crisi (krisis) che segna lo stato di squilibrio e il possibile riequilibrio.
Oscar lascia la Guardia Reale per i Soldati della Guardia e affronta altre sfide: dovrà farsi accettare dai soldati come capitano che è anche donna. Qui ritrova Andrè che la segue per proteggerla.
Quando Oscar è ormai calata nel suo modo di essere donna e soldato, il padre torna in scena scusandosi di averla cresciuta come un uomo e ammettendo di aver sbagliato tutto. Ora vuole rimediare e ordina a Oscar di accettare la mano di Girodelle o di un altro uomo che potrà scegliere. Al ballo in suo onore, dove dovrebbe trovare il suo futuro marito, Oscar si presenta vestita in uniforme deridendo i presenti perché “non c’è neanche una dama da far ballare”: ride di fronte a tale scena, ride di fronte ad un padre (regola maschile) che pensa di poter influire sulla vita della figlia. Non ha influito sul suo essere donna quando le ha ordinato di indossare un’uniforme e non influisce ora che ha trovato da sola la sua identità che unisce la forza della spada e la sua sensibilità femminile.
Quando iniziano le prime lotte del popolo, Oscar scopre di avere una malattia che la porterà presto alla morte. Taglia i ponti con tutto ciò che faceva parte del suo passato: lascia la sua Regina al suo destino anche se quest’ultima le chiede di proteggerla (anche qui è puro sentimento di amicizia dove c’è il rispetto e la comprensione dell’altro), tradisce la Corona mettendosi dalla parte del popolo affamato e scopre l’amore che la lega ad Andrè. L’anima di madamigella Oscar ha in questo momento della storia trovato la sua natura e dopo la morte del suo amato ormai cieco (l’amore rende ciechi della ragione per illuminarci di fede), che muore per salvarla, Oscar perde la vita in battaglia, un’ora prima della presa della Bastiglia.
ANDRE’ GRANDIER
Parigi (1754 – 1789). E’ il nipote della governante della famiglia Jarjayes ed è al fianco di Oscar fin dall’infanzia con il compito di servirla e proteggerla.
Andrè ama Oscar di un amore puro che non lega, come spesso accade, al possesso. Lui la ama, la comprende e le rimane accanto sempre. E’ attraverso ciò che egli pensa che veniamo a conoscenza durante il racconto di ciò che prova Oscar, lui sa riconoscere i sentimenti della sua amata senza che lei parli e forse ancor prima che lei li comprenda.
Trapela da questo personaggio una forza che non è del corpo ma dell’anima. Soffre in solitudine, è di appoggio alla sua amata anche quando lei, presa dai suoi tumulti, non può essergli vicino. Ha un amico Alain che lo comprende profondamente e lo rispetta.
Rimane accanto ad Oscar ed è testimone del suo percorso interiore, quasi un angelo custode che la veglia e in alcuni casi interviene per aiutarla. Infatti è quasi sempre un aiuto silenzioso il suo, fatto di comprensione. E’ il personaggio che sa, conosce Oscar, conosce ciò che sta succedendo in Francia, nel mondo dei Nobili e nel mondo dei francesi che patiscono la fame.
Nella caccia al cavaliere nero (che diventerà un compagno di battaglia) Andrè viene ferito all’occhio destro, che simbolicamente è la parte maschile. Vede solo con l’occhio sinistro che è legato simbolicamente al femminile e quindi acquista una capacità di intuizione legato alla luna e all’occulto. Ma il suo destino è la cecità, ossia l’acquisizione della visione interiore che porta alla vera conoscenza.
Quando il padre di Oscar in nome dell’onore della famiglia vuole giustiziare la figlia, perché questa ha deciso di non servire più la corona, Andrè le salva la vita.
André muore il 13 luglio 1789 colpito al cuore da una fucilata nemica proprio per salvare la vita di colei che ama e mentre sta combattendo, ormai cieco, per i valori in cui crede.
MARIA ANTONIETTA
Maria Antonietta è una ragazzina bellissima e solare. Quando deve partire per diventare la futura Regina di Francia è una bambina che è costretta a lasciare il suo paese e sua madre per vivere la vita che le è stata assegnata. Quando arriva in Francia si accorge di essere già amata dal popolo e in lei si accende un orgoglio ingenuo per la sua bellezza tanto ammirata.
Incontra per la prima volta Oscar quando la giovane la salva da un attentato: Maria Antonietta nota l’eleganza e la bellezza di quel soldato e quando scopre la sua identità di donna lo stupore diventa ammirazione. Tra le due donne nasce un’amicizia basata sul profondo rispetto, amore e comprensione. Oscar comprende come nessun altro le inquietudini e le profonde tristezze che portano la Regina a sperperare denaro per colmare il vuoto che la vita di corte le impone, una vita fatta di dovere e senza libertà di amare e di seguire il proprio cuore.
Ad un ballo in maschera, in uno dei pochi momenti in cui Maria Antonietta assapora cosa vuol dire essere se stessa e non la consorte del delfino di Francia, incontra e si innamora del Conte di Fersen.
Benché sia stata una bambina e una giovane donna costretta ad una vita piena di dolore, Maria Antonietta si assume le sue responsabilità e prova senso di colpa per i suoi errori. Nel suo essere madre ritrova un senso alla propria esistenza e con la morte di suo figlio sente il peso dei terribili errori che ha commesso durante la sua vita da Regina. E’ una Regina che non ha saputo amare davvero il suo popolo ed è una donna che ha vissuto schiacciata e oppressa da una vita di corte che le ha negato ogni aspirazione.
Lo stesso popolo che l’aveva rivestita di speranze e di forte devozione la condanna a morte.
ROSALIE LAMOLIERE
Rosalie Lamorliére cresce nella Parigi povera che patisce la fame. Alla morte della madre Nicole Lamorliere, uccisa brutalmente da una carrozza di nobili, scopre di essere stata adottata e di essere figlia di una nobildonna.
Sconvolta dalla morte della madre Rosalie decide di vendicarsi uccidendo la donna che era nella carrozza. Incontra Oscar quando scambia Madame Jarjayes per l’assassina della madre e tenta di ucciderla. Oscar ascolta la storia di Rosalie e l’accoglie in casa come fosse una sorella minore.
E’ una ragazza fragile e impaurita ma l’incontro con Oscar la rende una donna forte e combattiva. Infatti quando scopre la vera identità della madre, la Contessa de Polignac, è pronta a cambiare vita e seguire quella donna senza scrupoli che, anche dopo il suicidio della figlia minore Charlotte, tenta di usare anche la primogenita per arricchirsi combinando un matrimonio con un duca. Rosalie accetta per proteggere Oscar dalle malignità e dallo spirito vendicativo della donna ma si libererà di lei e ritornerà alle sue vere origini: a fianco del popolo di Parigi.
Assiste la Regina negli ultimi momenti della sua vita.