BY: Irene Barbruni
Sia in noi stessi che nelle persone che abbiamo vicino, riconosciamo diversi tipi di carattere, ossia diversi modi di affrontare il mondo e le relazioni. Ognuno di noi possiede una propria natura, un proprio modo di essere e non esistono delle modalità migliori di altre, poiché ognuna ha dei punti di forza e dei punti deboli. Ciò che conta per il nostro benessere è non tradire mai la nostra natura, ma, se mai, cercare di superare alcune debolezze rimanendo però sempre se stessi.
Nel suo libro, Il concetto dell’angoscia, Kierkegaard sottolinea le necessità del singolo soggetto a divenire ciò che in potenza egli è, pena cadere preda del sentimento dell’angoscia, e della disperazione. Vissuti che sorgono proprio all’interno delle crisi di identità: cioè un soggetto che non sa o non può essere se stesso. Il non poter esser se stesso dipende da situazioni ambientali e relazionali, mentre il non saper essere se stessi dipende dall’incapacità di capire ciò che si è. E qui subentra un altro problema: spesso le persone desiderano essere o somigliare a qualcuno che idealizzano, ma ciò le porta lontane da se stesse. Il tema della perdita della propria natura, viene evidenziato da un particolare indice del test di Rorschach definito tipo di risonanza intimo primario e secondario. Ciò che determina il possibile malessere in un tipo di personalità non è tanto il fatto che sia un tipo estroverso o introverso (anche se la presenza in modo equilibrato di entrambe le modalità sicuramente risultano un vantaggio), ma se l’attuale modalità adottata dal soggetto è in sintonia con il suo tratto originario. Alcune persone nascono con la tendenza all’introversione, ma per ragioni storiche, ambientali e relazionali della loro vita, hanno dovuto cambiare modo d’essere, divenendo estroversi. Ma sarà un’estroversione un po’ caricaturale, perché non autentica. Può avvenire anche il contrario: l’estroverso che deve divenire introverso, egli si sentirà amputato sperimentando un profondo disagio.
Questo mutamento della tipologia introverso/estroverso è molto evidente nei processi evolutivi dell’infanzia. Oggi si tende a privilegiare la modalità estrovertita: viviamo in una società che tende più a sviluppare l’estroversione che non l’introversione. In questo periodo di forzata clausura si osserva che sono proprio le persone estrovertite, o con poca attitudine all’introversione, quelle che trovano maggiore difficoltà a sopportare l’inattività. Essendo il loro mondo posto fuori di sé, avvertono un forte sentimento di esclusione. Mentre la persona che ha una maggiore attitudine all’introversione ritrova dentro sè un mondo con cui interagire.
Ad ogni modo, si diceva che si privilegia l’estroversione per cui i percorsi formativi tendono a sviluppare tale tendenza, non rispettando le effettive autentiche qualità/necessità del soggetto. Questi processi di mutamento del proprio tipo psicologico portano a difficoltà notevoli nel rapporto con se stessi, con l’altro e con la realizzazione nella propria vita: è meglio quella gallina che sa fare la gallina piuttosto che la gallina che vuole essere un’aquila: quest’ultima si ridurrà a non essere né una gallina né un’aquila.
Quindi si diceva del problema esistenziale del soggetto che non può essere se stesso o non sa essere se stesso. Non può per ragioni ambientali, mentre non sa essere se stesso perché ignora ciò che gli è necessario. Spesso è proprio questo il tema di molti percorsi di psicoterapia: la scoperta della proprie soggettive necessità.
Quindi è importante cercare di conoscere la nostra natura per non tradirla o, peggio, cercare di assumere un tipo di atteggiamento che ci porta all’opposto di ciò che siamo. Cerchiamo quindi di descrivere alcune tipologie di personalità descritte dal noto psicoanalista C.G.Jung. Come abbiamo detto si può distingue tra tipo estroverso e tipo introverso (concetti ripresi appunto nel test di Rorschach). Questa dinamica duale e profonda interagisce con le quattro funzioni psicologiche fondamentali che sono: pensiero, sentimento, sensazione ed intuizione.
Come abbiamo detto ognuno di noi possiede una propria natura, un proprio modo di essere e non esistono delle modalità migliori di altre, poiché ognuna ha dei punti di forza e dei punti deboli. Ciò che conta per il nostro benessere è non tradire mai la nostra natura, ma, se mai, cercare di superare alcune debolezze rimanendo però sempre se stessi.
Abbiamo descritto la dinamica degli aspetti introversivi ed estroversivi della personalità (concetti descritti dal noto psicoanalista C.G.Jung). Questa dinamica duale e profonda interagisce con le quattro funzioni psicologiche fondamentali che sono: pensiero, sentimento, sensazione ed intuizione. Queste funzioni sono organizzate in opposizione. Il pensiero trova il suo opposto nel sentimento, come la sensazione trova il suo opposto nell’intuizione e viceversa.
Ogni persona tende a sviluppare in modo prioritario una delle quattro funzioni. Così nel corso del tempo quella funzione diviene prevalente declinando la personalità verso le caratteristiche di quella funzione. Il modo di sentire, pensare ed agire viene colorato da quella funzione prevalente, lasciando sulla sfondo, diremmo a livello inconscio, la funzione opposta. La funzione opposta per il fatto di rimanere a livello inconscio, non riesce ad evolvere in modo equilibrato, per cui rimane immatura rispetto alla funzione prioritaria.
Se noi pensiamo, ad esempio, a quelle professioni che richiedono abilità per lo più legate alla razionalità, potremmo notare la forte presenza nella persona della tipologia pensiero piuttosto che la tipologia sentimento. Un certo tipo di professione richiede lo sforzo di essere sempre logici, razionali e distaccati per poter essere maggiormente efficienti. Non che il soggetto non abbia sentimenti, ma quella dimensione gli è di difficile gestione, così sarà portato a cercare di razionalizzare tutto, anche il campo dei suoi affetti. Naturalmente questa è una definizione caricaturale cioè estrema, nel caso quel particolare soggetto non si sia preso cura anche delle altre sue funzioni: del sentimento, della sensazione e dell’intuizione. Perché nel corso della vita comunque siamo sollecitati ad usare tutte le quattro funzioni. Quando quella particolare persona si innamora, ma pretende di gestire quel sentimento e quella relazione come gestirebbe il suo lavoro, si condanna ad allontanarsi dal mondo del sentimento per rifugiarsi nel solo mondo del pensiero. Il sentimento non viene annichilito, ma rimane a livello inconscio in modo tale da non essere riconosciuto nella sua essenza. Questo è quel fenomeno che molti soggetti vivono quando non riescono a capire i sentimenti che provano, proprio perché la loro coscienza è lontana dal modo del sentire profondo. Il problema non sarà l’incapacità di amare, ma la difficoltà ad esprimerlo.
Come abbiamo detto, ognuno, in base alla professione che esercita, è spinto più verso una dimensione, lasciando sullo sfondo le altre. Ecco che l’introspezione e quindi l’osservazione di sé divengono fondamentali per un equilibrio più maturo della propria personalità. Insomma l’antico monito citato da Socrate, scritto sul tempio di Apollo a Delfi che recita: “Conosci te stesso” è fondamentale per la personalità che cerca l’armonia. Un po’ di introversione fa bene all’estroverso, come un pò di estroversione fa bene all’introverso, per ricordare ciò che abbiamo detto nel precedente articolo. Là dove siamo sollecitati al pensiero dovremmo tuttavia chiederci a quale sentimento questo è associato, e viceversa. Quale è la trama narrativa del sentimento che viviamo e in quale complessità esso si articola.
Così per ciò che riguarda le intuizioni è bene chiederci se si tratta proprio di intuizione o invece è una sensazione. Per fare un esempio della differenza tra le due possibilità di metterci in contatto con la realtà nella quale siamo immersi, prendo spunto da due correnti pittoriche. L’impressionismo deriva senza dubbio dalla sensazione: basti pensare ai quadri di Monet. Il bellissimo dipinto titolato Le ninfee, è proprio una chiara raffigurazione di come l’autore si sia fatto prendere dalla pura sensazione del giardino che voleva ritrarre. Per quanto riguarda invece l’intuizione basti pensare ai quadri del romanticismo, per esempio a Caspar David Friedrich e al suo dipinto titolato, Viandante su un mare di nebbia. Se nell’impressionismo prevale la sensazione di quel paesaggio, nel romanticismo si svela l’intuizione intima tra autore e paesaggio; qui è rappresentata proprio l’unione mistica che è colta sul piano dell’intuizione. Spesso non siamo in grado di distinguere tra le due possibilità della nostra realtà interiore. Tuttavia l’esercizio dell’analisi introspettiva e l’osservazione dei nostri sogni, ci aiutano a guardare dentro di noi, e ciò ci insegna ad orientarci nel mondo sconfinato della vita profonda della nostra Anima.