BY: Irene Barbruni
Il mito di Eco e Narciso ci aiuta a descrivere e riflettere su un tipo di rapporto di coppia che può presentarsi nella nostra vita. Il fatto di riconoscere alcune dinamiche psicologiche può determinare una maggior coscienza di noi stessi e di conseguenza una maggiore capacità di fare scelte più consapevoli. Certo non possiamo scegliere la persona di cui innamorarci, ma possiamo e dobbiamo riflettere sul tipo di rapporto che si sta instaurando per allontanarci da ciò che può diventare nocivo per la nostra persona.
Il mito di Eco e Narciso racconta la storia di due personaggi. Da una parte abbiamo Eco una ninfa che, innamorata di Narciso, finisce per fondersi con la montagna sulla quale trova rifugio rimanendo solo una voce, l’eco appunto. Dall’altra abbiamo Narciso talmente preso da se stesso da non riconosce l’amore di Eco; egli si innamora della propria immagine riflessa sull’acqua di un lago nel quale cade venendo inghiottito dall’acqua. Eco rappresenta una personalità che si annula nel rapporto con la persona amata. Narciso, al contrario, è talmente preso da se stesso da essere incapace di entrare in rapporto con l’altro. Egli non riconosce nemmeno l’amore di Eco nei suoi confronti. Tale condizione diventa una vera e propria patologia chiamata appunto Disturbo Narcisistico di Personalità. Una personalità che si sente superiore agli altri e vive i rapporti personali sfruttando l’altro, senza essere in grado di riconoscere i sentimenti e le necessità degli altri.
Non sempre putroppo queste due situazioni estreme sono ben visibili da chi le vive perché, come nel caso di Eco, un certo grado di “annullamento” di sé fa parte del rapporto di coppia, così come spesso il narcisista può apparire come una personalità forte, in quanto sicura di sé. Ciò che ci può aiutare è la percezione della “misura” del benessere/malessere che il rapporto di coppia ci porta. Esso dovrebbe avvicinarsi il più possibile ad un being-love, come lo definisce Marslow, ossia un amore per l’Essere. Quindi, un tipo di rapporto in cui la persona non crea turbamento o angoscia, e il sentirsi degno dell’amore spinge entrambi a crescere. L’amore diventa quindi un fine, inesauribile, e non un mezzo.
Anche in uno dei racconti di Edgar Allan Poe, Il ritratto ovale, troviamo una metafora analoga a Eco e Narciso o meglio troviamo lo stesso archetipo di fondo. Il racconto narra di un pittore più innamorato della sua arte che della sua donna. La quale si lascia convincere a fare da modella all’arte del marito. Mano a mano che lui si infervorisce per il quadro che sta dipingendo, lei lentamente deperisce fino a morire. É una descrizione tragica di un uomo che non da’ voce alla parte di se stesso capace di entrare in rapporto con la propria donna. Ma oltre a ciò è rappresentato il tratto “vampiresco” di certi rapporti, dove uno si nutre della realtà profonda dell’altro fino a fare scomparire la sua realtà soggettiva. Se non si coltiva la RELAZIONE si finisce per implodere nel proprio mondo personalistico, decretando la fine dell’esperienza dell’amore. Un tratto questo solitamente maschile poiché la donna è culturalmente e socialmente più portata ad essere attenta alle esigenze dell’uomo, che invece tende ad essere meno disposto ad uscire dai proprio bisogni. É importante che nel rapproto di coppia i due siano attenti alle rispettive esigenze psicologiche, esistenziali e spirituali. Avere cura delle reciproche necessità rende fecondo il dialogo e mai sazio; perché proprio l’interagire dei due tra di loro allontana quel senso di noia che tante volte avvolge la relazione, quando questa rimane chiusa dai rispettivi “narcisismi”. E quell’esperienza di noia induce a cercare fuori da quel rapporto qualcosa che stimoli, che ecciti e che gratifichi. L’insorgere del sentimento della noia va interpretato come un campanello d’allarme, che ci dice che dobbiamo procedere allo sviluppo delle capacità relazionali.