BY: Irene Barbruni
La fase dell’opposizione è una fase importante nello sviluppo infantile. Il bambino provoca l’ambiente per mettere alla prova la sua autorevolezza e la capacità di contenimento del genitore. Questa fase inizia intorno ai due anni, momento in cui il bambino comincia anche a definirsi con “Io”. La funzione principale di questo periodo è quella di affermare la propria individualità che non va confusa con la necessità dell’indipendenza, in quanto la necessità della propria indipendenza richiede dimensioni psicologiche più evolute. Quindi, in questa fase precoce l’esigenza di affermare se stesso viene catturata all’interno della propensione all’autoriferimento. Il bambino non ha e non può avere coscienza della sua dipendenza dalla figura materna, egli tende a usare la madre e tende con ciò a dominarla, assaporando il gusto di un tale potere.
La durata di questa fase e l’intensità dei così detti “capricci” dipende molto dalle risposte che i genitori sviluppano. Purtroppo non è uno stadio che scompare da solo con l’età, ma necessita dell’intervento educativo dei genitori. I bambini imparano presto che in luoghi pubblici, o comunque in presenza di altre persone, gli adulti sono più propensi ad accettare le richieste per evitare le “scenate” del proprio figlio. Quasi sempre vi è la richiesta di qualcosa che il bambino vuole subito, ed è bene, in questi casi, essere fermi ed autorevoli. Altrimenti si finisce per confermare lo sviluppo delle capacità monipolatorie, che il bambino impara ad usare quando si fa dominare dall’esigenza di soddisfare nell’immediato il suo desiderio. Il no del genitore può essere accompagnato da una spiegazione, soprattutto quando il bambino, a partire dai tre/quattro anni, è in grado di comprendere i motivi del rifiuto. Nel caso non si riesca sul momento a spiegare al bambino i motivi, si potrà farlo in un momento successivo di maggiore tranquillità.
È fondamentale quindi non cedere mai quando la richiesta del bambino è accompagnata da una modalità di imposizione sull’adulto. Inoltre è buona regola non accontentare subito una richiesta, ma posticiparla; in questo modo viene allenata la capacità di attesa e quindi di contenimento di quel desiderio. Infatti la capacità di contenere e di attendere, quindi di reggere il tempo, saranno deteminanti in tanti ambiti della sua vita. Il bambino che non sa attendere si condanna alla subordinazione ai suoi bisogni, che lo portano a sviluppare una personalità incline alla dipendenza. E quindi a vivere nell’immediatezza senza capacità di mediare tra i suoi desideri e il dato di realtà che gli si poni di fronte. L’esercizio dell’attesa e della mediazione contribuiscono a sviluppare la funzione riflessiva, che è alla base dell’evoluzione del pensiero. Altrimenti il pensiero, dominato dall’impulsività irriflessiva, appiattisce le sue potenzialità di discernimento della realtà.
Un altro aspetto importante, da affiancare alla condivisione delle ragioni del no dell’adulto nella relazione con il bambino, è l’aspetto della collaborazione. Man mano che il bambino cresce è bene richiedere la sua collaborazione e coinvolgerlo nelle scelte e nelle regole della casa e della famiglia, in quanto ciò aiuta a sviluppare in lui una modalità di relazione più matura. Anche perché, non va dimenticato, che in questa fase, come si diceva sopra, il bambino è traversato dall’esigenza dell’Uso e del Dominio che ne regolano le scelte e quindi l’etica. L’esercizio alla collaborazione aiuta a scavalcare la fase nella quale egli vede la sua vita come uno scenario fatto di lotte. In un ambito collaborativo l’altro smette di essere percepito come nemico o come strumento da usare, ma viene visto quale interlocutore. Ciò fa evolvere la sensibilità etica: dalla fase della contrapposizione, colorata dal dominio sull’altro, si passa alla fase della dialettica relazionale e della comunicazione colorate dalla reciprocità.
Ci tengo a specificare che la fase dell’opposizione non va confusa con il Disturdo Oppositivo Provocatorio che necessita di una diagnosi di uno specialista e un successivo intervento, che solitamente coinvolge sia direttamente il bambino che l’appoggio ai genitori. In alcuni casi questo tipo di disturbo è associato ad altri quali: Disturbo da Deficit di attenzione/iperattività (ADHD), depressione, ansia e Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Quindi il no rivolto al bambino in certi momenti e accompagnato dalla necessaria spiegazione, aiuta l’evoluzione sia psicologica che sociale del piccolo d’uomo, affinché impari a diventare adulto.