BY: Irene Barbruni
Gli studi sul tema della compassione sono notevolmente aumentati negli ultimi anni.
Davidson ha scoperto che c’è differenza tra empatia e compassione e dalle sue ricerche emerge che i circuiti neurologici che portano all’empatia e alla compassione sono diversi, e la gentilezza fa parte del circuito della compassione. Inoltre dagli studi di questo ricercatore confermano che la gentilezza e la tenerezza si possono allenare a qualsiasi età e che, nei bambini e negli adolescenti, portano un sostanziale miglioramenti dei risultati scolastici, del benessere emotivo e della salute.
Ad oggi esistono diversi interventi, empiricamente supportati, centrati sullo sviluppo della compassione (per esempio la Terapia Focalizzata sulla Compassione, la Mindful Self-Compassion, Meditazione su compassione e amorevolezza).
Il training alla compassione stimola il rilascio di agenti come la dopaminae leendorfine che sembrano in grado di mediare la gratificazione e la motivazione, di ridurre lo stress sul lavoro e prevenire il rischio di burnout, che minaccia proprio quegli operatori della salute più coinvolti e più capaci di empatia. Inoltre, anche se non vi sono studi specifici sugli effetti di interventi terapeutici basati sulla compassione nelle problematiche legate alle dipendenze, dal punto di vista teorico lo sviluppo della compassione può essere un antidoto efficace contro alcune caratteristiche della persona dipendente come: mancanza di empatia, di rapporti compassionevoli, di autocritica e sensi di colpa.
Per fare chiarezza è bene precisare che non è la cognizione a fondamento della compassione, ma il sentimento di compassione che fonda un modo diverso di cognizione. Quindi non prima la percezione e poi il sentimento, ma il contrario: prima il sentimento che veicola la cognizione. La storia dell’uomo ci dice chiaramente di come il sentimento della compassione o sentinento di pietà, sia stato alla base dell’evoluzione etica e sociale delle comunità umane. Basti pensare a quando l’uomo, cacciatore spietato, uccide per portare alla propria comunità la sua preda; ad un certo punto ha cominciato a provare pietà, compassione per la sua vittima. Come fare? Da un parte il bisogno di nutrisi e dall’altra la pietà per la vittima. É in questo conflitto, in questo disagio psicologico ed esistenziale, che sorgono i primi riti religiosi: di offerta dell’animale agli dei, o di rispetto per l’animale ucciso che sviluppa il rispetto per la natura. Gli indiani d’America rispettavano il bisonte, che pure cacciavano per nutrirsene. Il rispetto per l’animale portava quel cacciatore a pensare che la sua vita avrebbe dovuto essere degna di tale sacrificio. Finchè permaneva questo equilibrio tra bisogno e compassione, l’uomo stava dentro un rapporto di ecologia verso la natura. Poi mano a mano che l’interesse, l’avidità hanno ridotto il sentimento della compassione siamo giunti al punto di oggi con un pianeta ormai all’estremo, violentato e deturpato. Se fosse la cognizione a guidare il comportamento, avremmo già cambiato politica e stile di vita, perché la cognizione che il pianeta sia in un punto cruciale l’abbiamo. Ciò che manca è la compassione, la pietà verso il nostro mondo.
Il sentimento della compassione porta in sé un’intuizione archetipica, cioè il sentimento della comunione tra gli esseri. L’unione tra micro e macro cosmo, il finito e l’infinito sono tutt’uno; la creatura è parte integrante del creatro, ed il creato è la promanazione della creatura. Da cui l’intuizione dell’amore: siamo tutti fratelli. Non è quindi il cervello, le connessioni neurologiche che ci portano ad un tale visione/sentimento, ma proprio il sentimento quale dimensione che trascendente lo stesso cervello ad indicarci la via dell’amore.
L’atto della compassione è ben descritto nei versi tratti dal Profeta di Gibran:
E quando addenterete una mela, ditele nel vostro intimo:
“I tuoi semi continueranno a vivere nel mio corpo,
ed i germogli del tuo futuro sbocceranno nel mio cuore:
e la tua fragranza sarà il mio respiro,
ed insieme gioiremo per l’eternità”
Proprio anche il gesto della compassione verso l’umile frutto contribuisce a schiudere al nostro cuore la consapevolezza di essere parte di un cosmo palpitante d’amore.