BY: Irene Barbruni
La parola mitomania deriva dal greco “mithos” (favola) e “mania” (follia). Il limite tra “normalità” e patologia riguarda il controllo e l’equilibrio di questo atteggiamento mentale; possiamo parlare di mitomania quando questo equilibrio viene meno.
La capacità di mentire o di deviare dalla verità fa parte dello sviluppo dei processi del pensiero del bambino. Infatti questo tipo di pensiero discordante con la verità presuppone la capacità di riflettere su cosa pensano e cosa provano gli altri e su ciò che conviene dire. Nel bambino la capacità di distinguere tra reale e fantasia è conquistata in modo graduale. Prima dei sei anni non possiamo parlare di menzogna in quanto il bambino non è sempre in grado di distinguere tra fantasia/gioco e realtà. Dall’età di circa otto anni il bambino possiede gli strumenti riflessivi e cognitivi per essere più consapevole e quindi possiamo dire che ha la capacità di mentire. Le bugie possono avere differenti scopi, spesso servono per evitare delle conseguenze negative ad esempio. Anche nel bambino, per quanto sia frequente il ricorso alla bugia, è bene fare attenzione quando essa è utilizzata per apparire agli altri in modo differente dalla realtà che egli vive. Se inizialmente l’uso della bugia ha lo scopo di evitare un giudizio, un rimprovero, e se ciò non viene dal bambino messo in discussione dalla sua sensibilità etica, ciò può deviare verso l’abitudine di inventare frottole e falsità tanto da giungere a convincersi della loro verità. Inoltre, anche se è una tappa nello sviluppo, essa non deve compromettere le capacità base di relazione con gli altri e con se stesso. Ed è proprio la riflessione etica circa la veridicità del proprio pensare che aiuta la maturità del bambino, che altrimenti, attraverso la bugia che inventa, squalifica l’altro e se stesso.
Il gioco della bugie, delle invenzioni arbitrarie allo scopo di manipolare il giudizio dell’altro evolve nell’età adulta nella mitomania. In età adulta il mitomane, attraverso storie inventate, crea un’immagine di sé allo scopo di acquistare valore agli occhi degli altri, anziché cercare il miglioramento di sé. Il mitomane a volte è cosciente di mentire, ma altre volte la partecipazione ideativa ed affettiva è talmente grande che finisce per perdere il contatto con la realtà. Lo scopo della pseudologia (inventare bugie) ha lo scopo di suscitare negli altri talvolta ammirazione e talvolta compassione. I soggetti solo in apparenza sono sicuri e quindi spesso convincenti, in realtà sono insicuri e hanno un forte bisogno di rassicurazione. H. Haenseller ha inserito la pseudologia all’interno dei meccanismi di difesa. Effettivamente il mitomane si nasconde in un’immagine di sé che modifica per essere ciò che non è.
Non è sempre facile gestire un rapporto con chi ha questo tipo di tendenza per il fatto che è propenso ad alterare la realtà. In questi casi è sempre bene chiedere il consiglio di un esperto che possa eventualmente diagnosticare alcune patologie che possono essere associate ad un tale modo d’essere, per poter quindi dare il giusto sostegno ed aiuto alla persona coinvolta. Quando invece ci troviamo di fronte ad un bambino, come abbiamo detto, dobbiamo considerare la normalità di tale comportamento, ma è sempre bene riflettere comunque su che cosa può spingere a mentire su qualcosa che lo riguarda personalmente e cercare di comprendere quale bisogno esprime (ricerca di attenzione, di compassione oppure di apparire più bravo ad esempio). Se invece ci troviamo di fronte ad un adolescente dobbiamo tener presente che, sebbene anche in questa fase la totale sincerità verso il genitore non ce la possiamo aspettare, dobbiamo fare attenzione quando il giovane altera eccessivamente l’immagine che vuole dare di sé, perché in tale atteggiamento si può nascondere un disagio profondo che va indagato. Mentire a se stessi per ottenere un risultato dagli altri è un modo di manipolare e non ha origine solo dalla propria insicurezza, ma da un’esigenza di uso e dominio sugli altri. Lo sviluppo dei media e l’esigenza dell’apparire stimola la costruzione di un’immagine di sé altra, rispetto alle propria realtà soggettiva. Tali abitudini complicano l’autentica ricerca di sé, tipica di ogni essere umano. La mitomania, ampliata attraverso l’uso dei media, diviene un modo di apparire. Ecco che la riflessione sulla propria soggettività, unità al valore etico della relazione autentica, con un amico o con i propri genitori, è il giusto richiamo per arginare tale deriva.