BY: Irene Barbruni
La stanza di Marvin (Marvin’s room)
di J. Zaks (USA, 1997)
USA 1997. Regia: J. Zaks. Interpreti principali: D. Keaton, M. Streep, L. Di Caprio.
La stanza di Marvin rappresenta il rapporto tra sorelle e il legame tra madre e figlio sullo sfondo del grande tema della malattia e della morte. La storia si svolge negli Anni Novanta e le due protagoniste sono due donne della classe medio-bassa, ma rappresentano due tipologie diverse di scelte socio-culturali. Inoltre sono rappresentate due tipologie di famiglie: da una parte un nucleo famigliare formato da una donna sola mentre dall’altra una famiglia formata in seguito alle esigenze di accudimento.
Bessie da vent’anni assiste il padre costretto a letto da un ictus; in seguito ad accertamenti medici le viene diagnosticata la leucemia e l’unico modo per vivere è un trapianto di midollo osseo. Decide così di contattare Lee, sua sorella, che al momento della malattia del padre aveva deciso di non occuparsene: ciò aveva creato discordia tra le due donne che non si erano mai più viste.
Bessie è la figura di una donna forte che dedica la sua vita al bene dell’altro ed è totalmente realizzata benché si sia trovata quasi costretta a dover intraprendere quella scelta di vita. Quindi la sua identità é strettamente legata al ruolo di “buona samaritana” e dedica se stessa agli altri operando all’interno della famiglia. Lee è, invece, una donna che non è riuscita a realizzare i sogni che aveva in gioventù. Vent’anni prima era fuggita dalla realtà del padre, bisognoso di cure, per realizzare se stessa e vivere una vita diversa; ma, arrivata alla soglia dei cinquant’anni, si trova sola con due figli e una vita insoddisfacente che non riesce a gestire.
Le due sorelle superano il rancore che le ha tenute lontane per molti anni e riscoprono così un’intimità nuova che non avevano instaurato durante gli anni dell’infanzia.
Per quanto riguarda il rapporto di coppia, attraverso i dialoghi si comprende come entrambe vivano all’interno di un sogno d’amore mai realizzato. Infatti, Lee vive l’abbandono, e quindi il tradimento del marito, mentre Bessie sperimenta l’unico amore della sua vita nell’adolescenza. In un momento di confidenze racconta il tragico e, nello stesso tempo, curioso episodio che accompagna la morte del giovane che amava. Bessie è la “figlia beniamina” che rinuncia al matrimonio e ad una propria vita fuori dal nucleo familiare di origine per amore dei genitori.
La maternità è un aspetto che nei due personaggi si differenzia notevolmente. Infatti nel personaggio di Lee essa è vissuta in modo contraddittorio perché, pur amando il figlio vive, proiettandolo su di esso, il tradimento del padre. Invece Bessie, vive una maternità mai sperimentata direttamente ma agita nei confronti del padre, della zia e dei nipoti. Le due donne raffigurano due tipologie di madre in quanto l’una è madre biologica ma non riesce a stabilire un corretto rapporto con il figlio, mentre l’altra si configura come madre spirituale in quanto capace di stabilire un contatto profondo con il nipote.
Nella figura di Bessie nel rapporto con il padre e la zia anziani troviamo le dinamiche descritte da Cigoli (Il corpo familiare: l’anziano, la malattia, l’intreccio generazionale, 2000): la malattia diventa condizione di conferma di legame e anche momento di “resa se conti” perché chi ha dato ora riceve. Bessie accetta questa responsabilità e trae ricchezza da questa situazione, mentre Lee non affronta tali tematiche e conferma il suo stile di atteggiamento di rifiuto di alcuni aspetti della realtà. Ciò che differenzia Lee da Bessie è anche il fatto che quest’ultima si sente legata ad un debito reciproco che la vincola alla famiglia. Come spiegano Scabini e Donati (Nuovo lessico familiare, 1995), i figli e i genitori sono accomunati sia dal debito che dal dono. «Il debito crea una catena di obblighi, ma anche il dono crea catena, provoca una circolazione libera che crea legame» (Scabini e Donati, 1995 pag. 158). Quindi la cura, come atto di dono, è una sfida che Bessie ha accettato ristabilendo uno stato di dono/debito, che alimenta il legame. Questa donna da un valore particolare e profondo alla propria esistenza, dedicata alla cura del padre e della zia anziani, una forma di amore che restituisce significato alla propria vita.
Per quanto riguarda l’aspetto della corporeità dell’identità nel personaggio di Lee si può notare come essa dia un’importanza maggiore alla bellezza mentre Bessie vive e quindi percepisce il corpo come luogo della sofferenza. Significativa, a questo riguardo, è una delle prime scene quando le due sorelle si rivedono. Lee cerca di apparire meglio di quanto in realtà non sia, mentre Bessie sembra voler solo nascondere la sua sofferenza fisica. Per quanto riguarda la finalità della modalità di agire è descritto come Lee cerchi di sfuggire alle inquietudini esistenziali, mentre Bessie è rivolta agli altri. Per quanto concerne, invece, lo stile del fare Bessie è discreta e non mette in mostra ciò che fa, mentre Lee è più appariscente, estroversa e palesa chiaramente il suo fare. Anche per quanto riguarda la modalità di conoscenza si possono osservare due tipi diversi di sapere: Lee ha un sapere legato ai lavori da lei intrapresi (infatti si trova in difficoltà quando deve, per esempio, interloquire con i medici che curano il figlio), invece Bessie ha un tipo di conoscenza più articolato e raffinato anche per quanto concerne l’ambito umano.
Bessie vive una spiritualità di compassione, di benevolenza e di profonda accettazione che però arriva a piena maturazione nella riconciliazione con la sorella mentre Lee vive una religiosità formale che sente estranea alla vita quotidiana.
Questa scena racconta i vissuti di una madre che non riesce a gestire il proprio rapporto con il figlio, probabilmente perché non ha superato la delusione dell’abbandono del marito. Si può allora ipotizzare che il rancore di Lee per l’ex marito, attraverso meccanismi di proiezione, influenzi negativamente i rapporti con il figlio. Per questo la donna non riesce a comprendere la stima e l’amore che il figlio prova ancora nei confronti del padre che lo ha abbandonato, mentre manifesta aggressività nei suoi confronti. Sembrerebbe che questa donna sia priva di quello che la Deutsch (Psicologia della donna adulta e madre, 1945) chiama “spirito materno” inteso come atteggiamento protettivo verso il neonato.