BY: Irene Barbruni
La scrittura è come prima cosa un dialogo con noi stessi e per questo ha delle particolarità uniche nel suo genere. In modo particolare scrivere esclusivamente per se stessi come il classico diario, che spesso è stata ed è abitudine dell’adolescente, ha lo scopo di riordinare le proprie esperienze, idee, emozioni e sentimenti per aggiungere quel momento di riflessione indispensabile nel rapporto con se stessi e con il mondo. Il diario si scrive alla sera quando le emozioni vissute della giornata sono lontane e possono lasciare spazio alla riflessione sull’evento.
Oggi sempre più giovani scrivono su un Blog che diventa una sorta di diario pubblico. Non è però paragonabile alla scrittura di un diario privato, in quando si perde la possibilità di avere un momento di intimità con se stessi senza rapportarsi a qualcuno, con cui, invece, bisogna necessariamente essere in un certo modo e dal quale possiamo essere giudicati.
Oggi siamo più emotivi che non riflessivi e ciò ci rende meno capaci di affrontare le situazioni. Purtroppo la facilità e la velocità con cui possiamo comunicare ci rende più vicini all’emotività del momento più che ad una rielaborazione riflessiva di ciò che viviamo. Spesso lo scambio di conversazioni enfatizzano l’aspetto emotivo come l’utilizzo delle “faccine” che spinge verso una emotizzazione del dialogo. In una pagina di diario, che non verrà letta da nessuno, possiamo essere veramente sinceri, mentre sui social siamo portati a metterci in mostra poiché è presente il giudizio degli altri (che cerchiamo) e, quindi, non possiamo essere completamente noi stessi. É importante essere coscienti del mezzo che si usa senza farsi usare dallo strumento.
Il filosofo americano del pensiero libertario, H.D. Thoreau (1817-1862), sottolineava, nel suo libro Vita nei boschi, quanto gli uomini ormai fossero diventati appendici dei mezzi che usavano. E questo nell’Ottocento! Oggi è ancora più evidente che siano i mezzi a suggerire il loro utilizzo, non tanto la loro necessità. Questi mezzi, più che essere mezzi di comunicazione, sono ormai mezzi di ostentazione di sé. Il loro costante impiego ci rende prevalentemente estrovertiti portandoci a perdere il contatto con il centro della nostra personalità. Quindi, è bene che ci si preoccupi di limitare la troppa esposizione agli altri, e ricercare invece dei momenti in cui possiamo contattare noi stessi. Ciò può essere la chiave per ritrovare l’intimità necessaria ad un sano equilibrio con se stessi e con il mondo. Proprio perché i mezzi cosiddetti di comunicazione ci allontanano dalla nostra intimità. Quello che osserviamo, come psicologi è proprio la diminuzione di intimità e l’aumento di emotività: l’emotività ci estroverte, mentre la ricerca dell’intimo ci introverte. Ecco che la scrittura, esercitata nella propria stanza davanti al foglio fianco, finalizzata ad una confessione introspettiva, ci sarà utile per riprendere un vero rapporto con la nostra vita interiore.
Nella società dei media l’ostentazione è il movente primo. Affermare se stessi è il principio da cui scaturisce l’esigenza di primeggiare sugli altri e il mettersi in mostra. Ciò sviluppa la percezione di un “essere” che non è più “essere” ma “insistenza finita”, un essere già stato perché non in divenire, chiuso in sé; questo “essere già stato” motiva la coazione a ripetere i messaggi verso l’altro, da cui ci si aspetta la gratificazione. La gioia deriva da quanti contatti riesco a raggiungere. Ma quelle centinaia di contatti non sono veri contatti, ma solo la rappresentazione numerica del vuoto di autenticità e della banalità in cui è caduta la relazione.
Mentre il rapporto autentico con se stessi, e con l’altro, proviene dall’accettazione di sé attraverso cui scoprire il proprio vero io. E questa ricerca, che va condotta con tenacia e semplicità, è aiutata dai momenti di intimità con se stessi in cui la scrittura del proprio diario diviene un momento prezioso.