BY: Irene Barbruni
Negli ultimi anni si è osservato un incremento dell’utilizzo del videogioco sia per quanto riguarda il numero di individui che li utilizza abitualmente, sia per quanto riguarda il numero di ore passate a giocare davanti al video. Il fenomeno tende ad essere uniforme sia per quanto riguarda il sesso (i maschi sono leggermente più numerosi) sia per quanto riguarda la situazione economica e culturale delle famiglie. Attualmente bambini e adolescenti “scelgono” di trascorrere molto del proprio tempo libero davanti ai videogiochi togliendo tempo ad altre attività come lo sport e i giochi “classici”.
Dal punto di vista della salute psicologica dobbiamo riflettere su due fattori principali. Innanzitutto va considerato l’aspetto della solitudine: spesso il videogioco è un passatempo in cui l’individuo è in solitudine o gioca virtualmente con altri individui. In un momento della vita (infanzia ed adolescenza) in cui la personalità necessita di esperienze sociali per crescere, il contatto reale con gli altri deve necessariamente essere preponderante per permettere un armonico sviluppo delle capacità relazionali dell’individuo. La tendenza a preferire l’immersione nel mondo virtuale che offre il pc può sfociare nella chiusa totale, come nel caso dei così detti “hikikomori” o “eremiti sociali”: il fenomeno degli adolescenti che si chiudono in casa davanti ad un computer rifiutando la scuola e i contatti sociali in generale. Quindi, per sintetizzare, il pericolo consiste nell’abbassamento delle capacità e delle motivazioni relazionali.
Il secondo aspetto riguarda il fatto che l’utilizzo dei videogiochi porta il soggetto a sperimentare l’immediatezza del fattore emotivo; quindi sviluppa un ampliamento dell’emotività che porta necessariamente alla diminuzione delle capacità affettive. Se nei confronti degli oggetti utilizzati per giocare il bambino conservava una sua dominanza, e su essi sviluppava una serie di fantasie, il videogioco possiede una tale potenza persuasiva ed invasiva, da ammutolire il bambino. Il bambino non agisce sul videogioco, ma è il videogioco che agisce su di lui. Nelle immagini fornite dal videogioco, il bambino non può aggiungere nulla, non può che esserne dominato. Quindi è il gioco che domina il bambino, il quale ne diviene dipendente.
Troppo tempo trascorso davanti al videogioco porta allo sganciamento dalla relazione significativa. Infatti ciò che il bambino sperimenta è la ricerca delle emozioni, tra le quali la tensione e la paura con la conseguente scarica di adrenalina Quindi la paura è scissa da un vero oggetto, in quanto vissuta come il tramite emotivo che suscita il godimento adrenalinico; è separata quindi dal contenuto ideico (significato) a cui l’emozione dovrebbe rimandare. Un accenno particolare va agli effetti negativi dei giochi con scenari particolarmente cruenti ed aggressivi. Uno studio dell’Università di Indianapolis ha dimostrato, attraverso l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale, che bastano 10 ore di videogiochi violenti nell’arco di una settimana, per ridurre l’attività delle aree cerebrali che tengono sotto controllo i comportamenti aggressivi. Un altro studio delle Università di Amsterdam e di New York pubblicato su Science ha scoperto che i video violenti portano ad una riconfigurazione della tipologia neuronale: ossia aumentano i neuroni più adatti ad affrontare situazioni di attacco o fuga (come nella vita reale può accadere ad esempio in guerra).
Un altro studio condotto su quattordicenni da ricercatori belgi, canadesi, francesi, inglesi, irlandesi e tedeschi pubblicato su Translational Psychiatry, ha dimostrato che nel cervello dei giocatori assidui il cosiddetto striato appare più spesso a sinistra e si attiva maggiormente in caso di perdita, un fenomeno che si osserva anche in chi fa uso di cocaina, anfetamine o alcol. Ciò sarebbe legato ad alterazioni della dopamina, il neurotrasmettitore del piacere, tant’è che i ricercatori ipotizzano una sorta di assuefazione da videogiochi per saturazione dei meccanismi di gratificazione e di compenso.
Per concludere si può affermare che il videogioco non è un evento innocuo, per cui è necessario un uso cauto tenendo conto proprio della potenzialità seduttiva che lo caratterizza.